di Enzo Boschi*
Nell'ultimo giorno di novembre sui quotidiani che leggo normalmente c'è solo una notizia particolarmente interessante e per niente rassicurante: la disoccupazione giovanile, cioè dei giovani tra i 15 e i 24 anni, è aumentata dello 0,7% da ottobre ed è salita al 41,2%, contro il 23,7% nell'Eurozona. La notizia è confinata nelle pagine interne e può anche sfuggire.
Non sfugge, invece, la mancanza di ogni riferimento alla situazione post-alluvione in Sardegna.
Non sono certo in grado di giudicare che cosa va scritto o che cosa non va scritto sui giornali. Ma il disinteresse per il disastro sardo era già iniziato da qualche giorno anche se ogni tanto appaiono inviti a collette telefoniche per aiutare le popolazioni. I Politici che "contano" non sono più andati a mostrarsi avviliti nelle zone colpite perché cominciano a capire che non sono molto apprezzati e che è meglio evitare promesse che sono già state fatte mille volte dai loro predecessori, senza che mai venissero mantenute.
Un'altra notizia passata quasi sotto silenzio è che i finanziamenti previsti per l'Ambiente nella legge di stabilità per il 2014 ammontano a poche decine di milioni di euro. Ho immaginato che il Ministro dell'Ambiente si sarebbe strappato i capelli e le vesti di fronte a una così drastica sottovalutazione della questione ambientale. Invece niente: calma assoluta.
Sui giornali non appaiono le "vibrate e vibranti" proteste che mi sarei aspettato. In realtà nessuno si è lamentato o indignato. L'impressione, che ormai comincia ad essere una certezza, è che l'Ambiente non interessi a nessun membro del Governo, proprio a nessuno.
Tragicamente non sembrano neanche interessati al fatto che quasi la metà dei nostri giovani non riescono a trovare lavoro, che due milioni di nostri concittadini si sono arresi: il lavoro non lo cercano più. Sì, si sono arresi: d'altronde deve essere molto umiliante ricevere sempre rifiuti.
Ma che cosa c'entra la disoccupazione con la questione ambientale?
Sarebbe facilissimo dimostrare che se si investisse per mettere in sicurezza il Paese, si rilancerebbero economia ed occupazione. Ma è un'affermazione che è stata fatta inutilmente tante di quelle volte che ormai ha perso senso; come quando si ripete la stessa parola un'infinità di volte fino a che non ha più significato.
La risposta che viene sempre data è che non ci sono i soldi per una ristrutturazione complessiva. Ma non si spiega mai come si è fatto nel passato a trovare i fondi necessari per fronteggiare, malamente, le innumerevoli catastrofi che hanno funestato il nostro Paese. Una cifra complessiva immensa, che ormai si esprime con le centinaia di miliardi di euro.
Tutto è più o meno rimasto banalmente uguale: si potrebbe verificare di nuovo un'alluvione di Firenze come quella del 1966 perché nulla è stato fatto per prevenire una simile eventualità. Anzi nuovi fenomeni ambientali, come le cosiddette "bombe d'acqua", cioè moltissima pioggia concentrata in una zona ristretta in pochissimo tempo, dovrebbero far preoccupare e anche molto, perché nessuno sa prevedere dove colpiranno. E potrebbero produrre effetti molto più devastanti di quelli del 1966.
Il Capo della Protezione Civile, Franco Gabrielli, di fronte al sostanziale disinteresse delle Regioni per le questioni ambientali (sono le Regioni che per legge hanno la responsabilità della prevenzione) ha detto una frase che dovrebbe scuotere le coscienze: "Ogni disastro non è che un appuntamento per quello successivo, perché nulla cambierà".
Ma se parlavano pochissimo della disoccupazione e non dicevano niente dei problemi ambientali su che cosa si sono dilungati i giornali nell'ultimo giorno di novembre?
L'argomento principale è stato il confronto televisivo fra Matteo Renzi, Gianni Cuperlo e Pippo Civati, in vista delle primarie per l'ambitissimo posto di Segretario del PD. Per uno che non fa il tifo, il confronto è stato noioso: tre bravi ragazzi simpatici, di bell'aspetto che hanno cercato di mostrare i loro lati migliori.
Purtroppo dell'Ambiente, che è tragicamente LA QUESTIONE politica italiana, non hanno parlato. Forse hanno fatto bene perché un discorso serio e non ideologico sull'Ambiente non si può improvvisare.
Non hanno neanche spiegato come intendono affrontare il problema della disoccupazione giovanile e non. In realtà, semplicemente non lo sanno e la discussione si svolge solo sul piano delle prese di posizione di principio generiche: "faremo, ci impegneremo ...". Non spiegano mai modi e tecniche perché semplicemente sono al di sopra delle loro possibilità oppure implicano scelte dolorose, che elettoralmente non pagano.
Ci troviamo di fronte all'incapacità diffusa di stabilire le priorità delle cose da fare. Insomma, ancora una volta appariamo per quello che realmente siamo: ignoranti!
Se fossimo un Paese colto, cioè un Paese capace di individuare i propri bisogni, avremmo da tempo risolto i tanti problemi che ci affliggono da sempre.
Non ci si dovrebbe quindi meravigliare se dopo tante chiacchiere e tante tragedie, all'Ambiente è stata dedicata ancora una volta una cifra modesta, praticamente inutile.
Tornando alla disoccupazione giovanile, nel mondo della Ricerca assistiamo al fatto drammatico che nuovi ricercatori, nel periodo più produttivo della loro carriera, o se ne vanno o non sono messi in condizione di lavorare. Inoltre i loro docenti o ricercatori più anziani, per lo più, o ripetono all'infinito le stesse cose che fanno da vent'anni e passa, oppure semplicemente non fanno niente di rilevante. Impediscono volontariamente o involontariamente l'apertura di nuovi campi di attività. Questo porta all'impossibilita dei giovani non solo di trovarsi un lavoro ma anche di inventarselo, come avviene in società più aperte e più competitive.
Nessuno ha dubbi sul fatto che nuova ricchezza e nuova occupazione possono nascere esclusivamente da un atteggiamento originale verso il mondo che ci circonda. Affrontare la questione ambientale su basi scientifiche e tecnologiche nuove è indubbiamente una possibile strada di sviluppo. Per far questo si devono prima di tutto eliminare gli ostacoli. Per esempio, licenziare o mandare in pensione coloro che nell'ambito della Ricerca occupano posizioni rilevanti senza produrre niente. Persone che addirittura svolgono altre attività e magari creano problemi a quelli che cercano di fare il loro dovere al meglio delle loro possibilità. Sono facilmente identificabili. Certo sarebbe una decisione drastica e un po' crudele, ma è l'unico modo per uscire da un'impasse che dura ormai da troppo tempo.
Nei giornali dell'ultimo giorno di novembre del 2013 non c'è niente che mostri un sia pur minimo barlume di speranza.
*Geofisico