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Giovedì, 28 Mar 2024

Il processo di L'Aquila per il terremoto del 6 aprile 2009 è diventato la giustificazione di ogni omissione da parte di coloro che sono preposti alla gestione delle informazioni sulla pericolosità sismica e alle emergenze vere o presunte nel nostro Paese. Un vero e proprio mantra.

 

Il fatto che la Commissione Grandi Rischi non si sia riunita dopo la scossa del 20 maggio 2012 in Emilia, l'incomprensibile allarme lanciato in Garfagnana nel gennaio 2013 e le assurde conclusioni della commissione Ichese (istituita per "stabilire le cause" delle scosse emiliane) si spiegano tutte con il timore che assale gli "esperti" di subire conseguenze penali ogni qualvolta devono esprimere opinioni.

Meglio star zitti o restare nel vago: si pensa prima di tutto ai rischi che corrono gli esperti e poi, se possibile, a quelli dei cittadini.

Viene allora da chiedersi a che cosa serva la Grandi Rischi ... "la risposta soffia nel vento".

La sentenza aquilana dice, con un linguaggio non proprio immediato, che la pessima qualità degli edifici non è concausa nei decessi presi in considerazione nel processo. L'omicidio colposo plurimo per il quale sono state comminate le condanne è ascritto esclusivamente alle azioni, definite omissive, della Grandi Rischi dell'epoca senza far distinzioni di sorta fra i comportamenti dei vari membri.

È su questa base che andrebbe valutato l'atteggiamento della nuova Grandi Rischi, che neppure si riunisce dopo la prima scossa emiliana e che quindi non dà alcuna indicazione utile sulle azioni di protezione civile da intraprendere. La popolazione riprende in pieno le proprie attività fino al 29 maggio quando, purtroppo, si verifica la seconda scossa che provoca il maggior numero di vittime. La Grandi Rischi si riunisce soltanto il 5 giugno, quando la sequenza è praticamente conclusa, lanciando un allarme per un'imminente terza scossa. La terza scossa è altamente improbabile e l'allarme scientificamente ingiustificabile. Appare con chiarezza che lanciare allarmi era considerato un'evenienza possibile.

Non si capisce allora perché l'allarme non sia stato lanciato dopo la prima scossa. Sarebbe stato molto più ragionevole dal punto di vista geodinamico, statistico e del banale buonsenso. Nessuna spiegazione ufficiale viene data ai Sindaci, che per legge gestiscono le emergenze nei loro Comuni, giustamente infuriati da un'azione tardiva e del tutto incongrua.

Se si va a leggere attentamente la sentenza aquilana, benché sembri accettato che i terremoti non si possono prevedere, si scopre che, secondo il Giudice, "qualcosa" i sismologi potevano e dovevano fare prima del terremoto del 6 aprile 2009.

Il "qualcosa" non è ben specificato chiaramente ma, sempre secondo il Giudice, sono i sismologi che dovevano fare questo "qualcosa" e non esclusivamente coloro con i poteri e i doveri di provvedere alla sicurezza dei cittadini!

L'alta pericolosità dell'Abruzzo e in particolare dell'Aquilano era stata ufficialmente mostrata e descritta con chiarezza, dati precisi e mappe dettagliatissime nella riunione del 31 marzo 2009 tanto che il Sindaco di L'Aquila chiese successivamente addirittura lo stato di emergenza. Richiesta che fu disattesa, purtroppo.

In altre parole, un allarme molto serio fu lanciato proprio da chi ne aveva il potere e il dovere seconda la legge vigente!

Non si è ancora capito perché fu ignorato e per quale ragione il Giudice non ne abbia considerato la rilevanza ai fini processuali.

Sia chiaro: a L'Aquila l'allarme fu lanciato PRIMA della scossa e non DOPO, come è avvenuto in Emilia.

Pochi giorni dopo la scossa aquilana venne istituita una Commissione dal Capo della Protezione, Civile Guido Bertolaso, su suggerimento del Presidente della Grandi Rischi, Franco Barberi, per stabilire se fosse possibile prevedere o meno i terremoti.

Un'iniziativa incomprensibile, visto che tutti concordano sul fatto che i terremoti non si prevedono. Forse cercavano opinioni qualificate sulla convinzione che il verificarsi di tante piccole scosse nell'Aquilano costituisse un processo di liberazione di energia, che avrebbe impedito scosse forti: insomma, una previsione tranquillizzante!

La Commissione istituita da Bertolaso, come tutte le commissioni italiane che si rispettino, è "internazionale" e presieduta da un americano, Thomas Jordan, che, da quando "lasciò" il MIT per trasferirsi in una Università meno prestigiosa, si è appassionato alla sismologia ed è (o era all'epoca dei fatti) a capo di un centro che sembra faccia valutazioni statistiche sul possibile verificarsi di terremoti. Dico sembra perché da più di un anno di questa attività, generalmente ignorata dalla comunità scientifica, non si trovano tracce.

Non è dato sapere, come sempre succede in questi casi da noi, come vennero scelti i membri di questa Commissione.

Non c'è quindi da meravigliarsi che, forse involontariamente a sostegno di quanto poi affermato dal Giudice, la Commissione in qualche modo suggerisce l'idea che "qualcosa" poteva esser fatto da parte dei sismologi, anche se il "qualcosa" resta sempre sul vago dal punto di vista operativo, che è ciò che realmente servirebbe.

Insomma, sembra che Jordan con i suoi sodali ci voglia convincere che esistono algoritmi per valutare statisticamente la possibilità del verificarsi di un terremoto in una certa zona, per poter prendere le opportune precauzioni.

Prevedere un terremoto o lanciare allarmi non è un esercizio intellettuale che consente a qualcuno di divenire un benefattore dell'Umanità. Più prosaicamente implica evacuazioni, chiusura di ospedali, di fabbriche, di uffici, sistemazione fuori casa per decine di migliaia di persone.

A terremoto avvenuto (si ricordi che tutti i ragionamenti che si sentono in giro sono fatti sempre a terremoto avvenuto), la Commissione stabilisce che a L'Aquila, prima del 6 aprile 2009, la probabilità di avere un terremoto era passata da 1 su 10.000 a 1 su 1.000 o qualcosa del genere e suggerisce che questa informazione poteva essere utilizzata in termini di protezione civile.

Una probabilità su mille di avere una scossa, equivalente a 999 probabilità su 1000 di non averla. Ma facciamo pure a una su cento, cioè 99 probabilità su 100 che non succeda niente. Si sarebbe dovuto e potuto ordinare un'evacuazione? Se la risposta è positiva, perché nulla si è fatto poi in Emilia? Se la risposta è negativa, allora che senso ha la sentenza aquilana?

Membro della Commissione, oltre a Jordan, era anche un ricercatore Ingv, Warner Marzocchi, fedele seguace degli algoritmi dello stesso Jordan: sembra che siano rimasti solo loro due a crederne la rilevanza pratica. Altri membri provengono da istituzioni decisamente inferiori all'Ingv dell'epoca, sulla base di valutazioni scientifiche nazionali e internazionali.

Nella Commissione anche l'onnipresente Paolo Gasparini, un professore napoletano, che ritroviamo pure nella Commissione Ichese, sia nella prima che nella seconda versione! E in molte altre ancora ...

Tralascio un'analisi della relazione Jordan, che non contiene niente di nuovo e di interessante, il cui principale argomento - le valutazioni statistiche - é considerato ormai operativamente obsoleto, degno, al più, di qualche discussione accademica.

Al riguardo, appare sufficiente menzionare due ottimi sismologi canadesi, Kelvin Wang e Gerry G. Rogers, che di quella relazione hanno fatto una critica attenta sul Seismological Research Letters, concludendo che c'è un solo modo per difendersi dai terremoti: costruire o ristrutturare edifici secondo norme ben note e ben collaudate.

In altre parole Wang e Rogers affermano, una volta per tutte, che allarmi dati sulla base di algoritmi discutibili, oltre ad essere operativamente difficoltosi e praticamente inutili, sono concettualmente insostenibili.

Dobbiamo sempre tener presente che l'Italia è l'unico Paese sviluppato dove si può morire anche per magnitudo inferiore a 6 e questo per la diffusa bassa qualità degli edifici, ormai ben nota a tutti i livelli decisionali, ma sistematicamente ignorata.

Massimiliano Stucchi, sismologo di livello mondiale, al cui impegno più che decennale si deve la realizzazione della Mappa della Pericolosità Sismica (uno dei risultati scientifici più importanti della moderna sismologia), ha rielaborato l'importante lavoro dei due canadesi sul blog terremotiegrandirischi.com con un testo dal titolo "Quando comincia l'emergenza sismica?".

Fra i riferimenti bibliografici del lavoro di Wang e Rogers, ho scoperto un articolo del 2010 del Marzocchi, scritto in collaborazione con due colleghi svizzeri, in cui l'autore si accanisce a sviluppare ulteriormente l'idea che esistano algoritmi utilizzabili per interventi utili per la salvaguardia della vita umana. Portando ancora una volta a concludere che, di fatto, la messa in sicurezza degli edifici per la salvaguardia della vita è rinviabile.

Alla luce di questo è lecito porre la solita domanda: perché in Emilia, dopo la scossa del 20 maggio 2012, questi depositari di verità e miracolosi algoritmi non fecero e, soprattutto, non dissero niente? Il lavoro del Marzocchi, per esempio, è uscito ben due anni prima degli eventi emiliani.

Sull'argomento anche altri avevano pontificato in tutti i modi possibili, dando praticamente ragione al Giudice di L'Aquila e approvando di fatto la sentenza

Perché, dunque, il 20 maggio non si sono precipitati ad allertare la popolazione?

A differenza della vecchia, la nuova Commissione Grandi Rischi disponeva dei metodi ben descritti dalla relazione Jordan.

Delle due l'una: o la Commissione Jordan ha raggiunto conclusioni prive di significato per la difesa dai terremoti, e allora andrebbe detto, se non altro per il bene della Ricerca, oppure qualcuno è stato distratto anzi, per dirla "legalmente", omissivo.

Anche senza algoritmo, sarebbe comunque bastato esercitare il buonsenso per prendere misure precauzionali dopo il 20 e prima del 29 maggio, visto che in Italia spesso le scosse vengono a coppie se non a grappoli.

Inoltre, l'allarme lanciato il 5 giugno, a "cose fatte", lascia intendere che la volontà "politica" di intervenire c'era.

Tale iniziativa, che viene presa una settimana dopo la seconda scossa e due dopo la prima, mostra purtroppo la scarsissima comprensione del processo in atto da parte di coloro che convinsero il Presidente del Consiglio dei Ministri dell’epoca, Mario Monti, a dare addirittura l’allarme in diretta televisiva da Palazzo Chigi!

Credo che la conferenza stampa di Monti sia tutt'ora disponibile su Sky: è così possibile sentire l’ex premier ringraziare i suoi "consulenti", con tanto di nome e cognome.

Nessuna spiegazione è stata mai data di questi comportamenti, che mi limiterò a definire bizzarri. Non solo: per quanto ne so, l'allarme è tutt'ora in vigore. Eppure nel ferrarese si stanno progettando trivellazioni per scopi geotermici. Se ne deve dedurre: o che certe determinazioni nate dal rapporto Ichese non valgono in alcune parti dell'Emilia oppure che l'allarme "Monti" aveva altri scopi. Sarebbe, quindi, considerato qualcosa da dimenticare, qualcosa di cui alcuni si vergognano e altri si preoccupano: infatti, esistono reati che non si prescrivono facilmente.

Comunque la si pensi, il costante richiamo alla trasparenza e alla necessità di una comunicazione corretta e completa verso i cittadini risulta solo trita demagogia.

Perché, ripeto ancora, non si è fatto o detto niente dopo la scossa del 20 maggio? E perché non si vuol chiarire questa evidente incongruenza?

Concludendo, una possibile sequenza logica di tutta la vicenda sembra essere quella che il 20 maggio la Grandi Rischi non si riunisce perché è il modo più semplice di non incorrere nei "reati" del processo in corso a L'Aquila. Si spera, forse, che tutto finisca con la scossa del 20 maggio. Purtroppo si verifica la scossa del 29, con molte vittime. Il 5 giugno si fa una previsione che appare molto plateale, forse per cercare di distrarre l'attenzione dall'omissione del 20 maggio. Poi, si tenta addirittura di far passare una scossa al largo di Ravenna come la scossa prevista.

Ma "il tentativo ravennate", privo di ogni dignità, fallisce pateticamente. Si tenta di scaricare la responsabilità sulla Mappa Sismica: autogol triplo! Si tenta di incolpare il progetto di un deposito di gas, ma i progetti sono di carta, solo carta. Si tenta la strada del fracking: ma non è sensato neanche immaginarlo da noi. Restava un'ultima disperata possibilità: il Cavone, il povero Cavone!

Sapendo chi è andato a fare sopralluoghi al Cavone prima dell'uscita del rapporto Ichese, si può forse stabilire chi è il principale architetto di tutta la vicenda e chi sono i suoi sodali.

A questo punto non sarebbe meglio chiudere questa vicenda, dove sembrano mescolarsi ignoranza e mancanza di senso dello Stato?

Basterebbe rimuovere in modo asettico qualcuno da incarichi che non è evidentemente in grado di svolgere.

*Geofisico

P.S. Sembra, da una dichiarazione di un membro dell'Ichese, pubblicata dal Resto del Carlino, che la sperimentazione al Cavone consisterebbe nell'immettere acqua pressurizzata in uno dei pozzi e vedere se si provocano microscosse. Le microscosse sarebbero la prova che le scosse del 2012 sarebbero state innescate dall'estrazione del petrolio. Spero che non sia così, che non si arrivi a simili livelli di ignoranza e che si cerchi almeno di recuperare un minimo di dignità.

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