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Martedì, 16 Apr 2024

Sabato scorso si è verificata la tragica esplosione di un vulcanello nella riserva delle Macalube di Aragona, vicino ad Agrigento. Tragica perché due bambini sono stati letteralmente inghiottiti dal fango sotto gli occhi del padre. Un cosa terribile, inaccettabile. Non riesco a mettermi nei panni del padre senza stare malissimo.

Cercando di capire che cosa è successo mi sono imbattuto, sul sito dell'INGV, nel seguente testo (che suggerisco di leggere attentamente):

"L’articolo di Giovanni Caprara pubblicato sul Corriere delle Sera del 28 settembre dal titolo “Scoppio per via della faglia” contiene brani di una intervista telefonica durata circa 40 minuti che mi ha colto al lavoro, assieme ad un altro collega, nel mio Dipartimento universitario a Catania. Il collega è stato presente ed ha ascoltato le mie affermazioni per tutta l’intervista stessa. Innanzitutto, smentisco di avere affermato che “negli ultimi anni si sia notata un’intensificazione del fenomeno”. Riguardo al monitoraggio ho dichiarato che l’unica maniera di raccogliere segnali utili sarebbe quella di installare sensori geochimici per evidenziare eventuali anomalie nell’emissione dei gas. E infatti ho parlato dei due colleghi della nostra Sezione di Palermo che erano già sul posto per effettuare misure di emissione di gas. Forse per necessità di sintesi, questo passaggio essenziale è stato espunto dall’articolo. Ho dichiarato che” l’installazione di una rete microsismica servirebbe solo per scopi scientifici ad evidenziare eventuali relazioni tra il degassamento e la microsismicità locale”. Riguardo alla proposta di installazione di strumenti geochimici non ho mai parlato “di inadeguatezza dei finanziamenti”, ma di “mancanza di nostre competenze, in quanto l’area ha un gestore ben definito, che a sua volta aveva presentato proposte per il monitoraggio”. Infine, ho dichiarato che il “ruolo delle faglie presenti nell’area è quello di veicolare il gas, esempio l’elio, da profondità anche mantelliche.
Tanto debbo, a tutela dell’Istituto che presiedo, e mia personale. Stefano Gresta
".

Sono subito andato a cercare l'articolo incriminato. Leggo gli articoli sempre interessanti di Giovanni Caprara e mi onoro di conoscerlo personalmente da tempo: uno dei giornalisti scientifici più seri e corretti che io conosca.

È da escludere che si sia inventato quanto è scritto fra virgolette nell'articolo pubblicato a pagina 17 del Corriere della Sera di domenica scorsa dal titolo 'Scoppio per via della faglia "Mancavano i sensori"'.

Non ci crederei neanche se lo vedessi. Quindi non ho il minimo dubbio che è stato affermato:

"Fuoriesce acqua calda che risalendo in superficie trascina vari materiali...di solito dura pochi minuti e invece in questo caso si è protratta per circa mezz'ora".
"Negli ultimi anni si è notata un'intensificazione del fenomeno".
"L'unica maniera per riuscire a cogliere segnali sarebbe quella di verificare eventuali microsismi a livello locale"
"Purtroppo non si è fatto molto per l'inadeguatezza dei finanziamenti. Per questo la zona dove è avvenuto il disastro non è monitorata".

È incomprensibile quali ragioni potesse avere Giovanni Caprara per inventarsi simili affermazioni. Caprara avrebbe addirittura "espunto" un "passaggio essenziale": due ricercatori "erano già sul posto per effettuare misure" dopo il fenomeno.... a posteriori.

Se Caprara ha "espunto" lo ha fatto senz'altro per il bene dell'intervistato altrimenti chissà quante altre amenità sarebbero venute fuori da "una intervista telefonica durata circa 40 minuti" che lo ha "colto al lavoro".

Ma come sono andate le cose?

Forse qualcuno, dopo aver letto il Corriere, ha spiegato all'intervistato che cosa siano questi vulcanelli e lo ha invitato a leggere quanto di poco rispettoso aveva scritto sull'argomento anche Il Fatto Quotidiano sempre domenica scorsa. In particolare sull'uso dei fondi (finora non risultano smentite su questo punto "delicato") che viene fatto dall'Istituto.

L'intervistato si è allora reso conto che parlare di mancanza di finanziamenti non era proprio il caso.
Gli avranno anche spiegato che andare a misurare i microsismi in questo tipo di fenomeni è del tutto inutile.

È comunque degno di nota che anche in una situazione così drammatica sembra che ci sia qualcuno che subito si preoccupa di favorire le piccole industrie amiche che producono i piccoli strumenti necessari per i microsismi.

L'"inesperto" Caprara avrebbe frainteso: non avrebbe capito che lo studio dei microsismi è per la ricerca scientifica, mentre sarebbero necessari sensori geochimici per....che cosa? Non è dato sapere come agiscano questi sensori geochimici per lanciare allarmi e nessuno finora l'ha spiegato.
Se il fenomeno si è intensificato negli ultimi tempi ( e questo è stato affermato anche da altri soggetti), perché non mettere allora nella zona pericolosa qualcuno di questi sensori geochimici, visto che (anche se personalmente non lo capisco) sembra che servano?

Ho letto che in agosto la zona era stata chiusa per precauzione. Quale migliore occasione?
Credo che l'Istituto sia dotato di almeno un centinaio di questi sensori geochimici ...bastava spostarne qualcuno se, come si lascia intendere, sono utili per la salvaguardia dei visitatori.

I ricercatori della sezione INGV di Palermo, in un loro comunicato, hanno giustamente rivendicato gli importanti studi, fatti e pubblicati, su i vulcanelli di Macalube.

Molte informazioni sono quindi disponibili agli esperti. Questi esperti si sono poi prodigati per far mettere in sicurezza la zona? Se sì, come?

Prendersela poi con la Legambiente è poco generoso e per niente elegante; dimostra uno stato confusionale di fronte a un evento così triste e drammatico.

Prima si asserisce che il monitoraggio non è stato fatto per mancanza di fondi poi si afferma che doveva farlo Legambiente anche se è del tutto evidente che non può avere le conoscenze di cui i ricercatori INGV palermitani rivendicano, con il loro comunicato, quasi l'esclusiva, giustamente orgogliosi del lavoro fatto.

Legambiente, se ho ben capito, percepisce 100.000 € per gestire sei riserve. Aspettarsi che abbia i fondi anche per il monitoraggio, anzi pretenderlo adesso, sembra fuori dalla realtà e inutilmente aggressivo.

È iniziata ancora una volta la vergognosa ricerca di capri espiatori e, con la vergognosa smentita sopra riportata, si è già scagliata la prima pietra. A mio avviso qualche funzionario di Legambiente dovrebbe cominciare a preoccuparsi.

Tutto questo mostra se non altro la grande "prudenza" dell'autore della smentita che lo porta a scrivere affermazioni ridicole "a tutela dell'Istituto che presiede e sua personale".

La stessa "prudenza" mostrata nel re-inaugurare la sezione de L'Aquila invitando il Pubblico Ministero che aveva fortemente sostenuto, ottenendola, la condanna della Grandi Rischi. "Potrebbe essere utile: non si sa mai".

Senza invitare il reprobo che la sede aquilana aveva faticosamente trovato (e anche già inaugurato) in zona rossa per dare un significativo anche se modesto segnale di risveglio alla Città. Lo stesso reprobo che altrettanto faticosamente aveva ottenuto dal MIUR un notevole finanziamento per far partire a L'Aquila, insieme all'Università, un centro all'avanguardia nella ricerca sismologica utile all'ingegneria sismica creando così le competenze necessarie per costruire in maniera sicura.
Mi dicono purtroppo che attualmente la sismologia è sostanzialmente inesistente nella sezione aquilana... ma spero con tutto il cuore che non sia vero.

Ieri, sul Corriere della Sera è apparso, a pagina 31, un altro articolo molto equilibrato e interessante di Giovanni Caprara dal titolo "Gli allarmi inascoltati e i lamenti del giorno dopo". Però riguarda chi queste indicazioni di pericolosità ha veramente dato prima delle tragedie e non coloro che piagnucolano, a disastro avvenuto, sulla propria inadeguatezza.

Rinnovo a Giovanni Caprara tutta la mia stima anche se non ne ha certo bisogno, vista l'alta considerazione di cui gode in tutta la comunità scientifica.

Concludo, infine, dicendo: sempre meglio reprobo che presidente per caso.

*Geofisico

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