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Sabato, 20 Apr 2024

Domenica si voterà per il referendum ormai noto come “referendum delle trivelle”. Il Governo si è fortemente impegnato per non far raggiungere il quorum. Forse si cerca di far passare l'idea che in fondo votare è solo una perdita di tempo e far dimenticare che alla questione in discussione sono connessi interessi enormi, inconfessabili.

Il referendum riguarda solo un dettaglio, che non val la pena raccontare ancora una volta.

Questo  stato di cose nasce dalla crescente mancanza di fiducia nei nostri politici, a cui si sta aggiungendo una crescente perdita di credibilità delle Scienze, specialmente di quelle della Terra.

Nel 2014, una commissione "scientifica" del Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) e della Regione Emilia Romagna (ER), denominata ICHESE, espresse ufficialmente l'opinione che i disastrosi terremoti emiliani del 2012 forse erano stati causati dalle attività di estrazioni petrolifere effettuate nella zona.

Da qui nacque l'idea che trivellare possa generare sismi anche forti. Una voce popolare che si diffuse in maniera incontrollabile. Per precauzione le estrazioni emiliane vennero bloccate. Addirittura tutta l'industria estrattiva nazionale rischiò di essere azzerata in un attimo.

Per uscire dall'impasse, Il MISE decise di avvalersi di un gruppo di sismologi americani, che escluse perentoriamente che i terremoti del 2012 fossero stati provocati da estrazioni petrolifere. Purtroppo questi sismologi americani erano consulenti dell'ENI e, quindi, il loro studio non poteva essere considerato super partes.

Un alto funzionario del MISE correttamente chiese allora all'INGV di "validare" lo studio dei consulenti ENI.

L'INGV definì corretti i metodi seguiti dai sismologi americani ma non si espresse sui risultati da loro ottenuti. Insomma: nessuna reale validazione. Addirittura, il presidente dell'INGV, ben prima della divulgazione delle conclusioni dell'ICHESE, invitò i ricercatori a esprimere eventuali giudizi sull'argomento solo a titolo personale. Atteggiamento, questo, molto grave perché l'indipendenza degli enti di ricerca è garantita dalla Carta Costituzionale: essi pertanto devono essere trasparenti e sempre dalla parte dei cittadini.

Si tratta di atteggiamenti ambigui, che inducono la gente a perdere fiducia negli scienziati.

Inoltre, il fatto che attività dell'uomo possano favorire il verificarsi anche di forti terremoti non sfuggì a coloro che hanno pochissimo interesse e capacità per la ricerca fondamentale ma un gran desiderio di lucrare dalle disgrazie e dalle paure della gente.

Fiorisce così lo studio della cosiddetta sismicità indotta mentre pericolosamente si affievolisce l'interesse per quella naturale, molto più pericolosa. L'iniezione di fluidi nella crosta terrestre può effettivamente fungere da catalizzatore sismico, specialmente se il fenomeno avviene in una zona con faglie importanti.

La vicenda dell'emendamento che ha portato alle dimissioni del Ministro Guidi ha confermato che reiniezioni vengono sistematicamente fatte da anni in Val d'Agri. Pertanto è lecito pensare che, al passare del tempo, un forte terremoto potrebbe essere innescato dalle attività delle estrazioni petrolifere.

Per rimediare all'inconveniente, varie istituzioni propongono di creare reti di monitoraggio tali da registrare ogni minimo segnale che possa far pensare all'imminenza di un terremoto. Cioè intenderebbero creare il cosiddetto sistema "a semaforo" ... se non l'hanno già creato ...  A quel punto si fermerebbe l'attività estrattiva ... credendo così di mettersi al sicuro.

Ammesso, e assolutamente non concesso, che effettivamente si riesca a capire l'imminenza di un sisma, anche se si fermano le attività non sarà mai possibile fermare eventuali processi interni alla crosta, messi ormai in moto!

Quindi, per il principio di precauzione, sarebbe doveroso fermare tutto, per sempre!

Queste affermazioni possono essere discusse. Ma non c'è alcun dubbio che la Lucania è una regione ad alta pericolosità sismica e che le reiniezioni vengono fatte in prossimità di faglie ben identificate.

Il grottesco di questa vicenda è che tutto nasce da ministeri, da importanti istituzioni dello Stato e da loro consulenti scientificamente ed eticamente inadeguati.

Contemporaneamente, e questo è veramente paradossale, si cerca di scaricare la responsabilità sugli ambientalisti e sulle loro organizzazioni, sempre accusate di opporsi ad ogni progresso.

Le intercettazioni telefoniche recentemente pubblicate mostrano, al di là di un linguaggio vergognosamente scurrile, che gli interessi in gioco sono enormi. E che chi guadagna con la questione energetica vuol guadagnare sempre di più, vuol contare politicamente: in una parola, vuol comandare.

"Sbloccare" l'Italia è giusto e doveroso, ma l'Italia è fragile e vulnerabile e va "toccata" con molta intelligenza e con molta cautela, da persone responsabili.

La questione non può essere lasciata in mano a "grilli parlanti" autoreferenziali che sgomitano, sminuendo i colleghi, cercando tornaconti personali di basso livello.

È tutta la politica dell'approvvigionamento energetico e delle attività tecniche-scientifiche ad esso collegate che va ripensata.

Noi cittadini normali abbiamo poche possibilità di farci sentire. Una di queste è senz'altro il referendum di domenica prossima. Vincendo il SI’, non si creerà nessuno degli sconquassi che i petrolieri e i loro lobbisti fanno minacciosamente intravedere.

Semplicemente, chi ci governa capirà che problemi complessi si devono e si possono risolvere con il contributo di tutti e non semplicemente dando ordini dall'alto.

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