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Venerdì, 05 Lug 2024

di Alex Malaspina

All’inizio degli anni ’90 del secolo scorso, l’Istat inopinatamente decise che, al momento di un passaggio di livello di un dipendente, l’anzianità di servizio maturata, utile ai fini del riconoscimento della indennità (pensionabile e liquidabile) di cui all’art. 37 del Dpr n. 171/91, fosse abbattuta e con essa l’eventuale indennità già in godimento.

La conseguenza fu che centinaia di lavoratori, transitati in livelli superiori per effetto di procedure concorsuali interne, videro svanire la possibilità di conservare l’indennità già conseguita o di arricchire la loro busta paga con almeno uno degli scaglioni economici che caratterizzavano la medesima indennità che, per effetto del ccnl 1994-1997, sottoscritto il 7 ottobre 1996, venne cancellata, facendo salvi, però, i diritti acquisiti fino a quel momento.

Nel 2004, l’Istat, in occasione del passaggio di livello di una ottantina di dipendenti, mutò opinione, decidendo per il mantenimento in busta paga della indennità ex art. 37 di cui gli stessi erano già beneficiari.

Inevitabile, a quel punto, la reazione di quanti, passati di livello molti anni prima, erano stati privati della indennità.

Ad assicurare a costoro tutela e assistenza legale fu l’Usi-Ricerca, che patrocinò ben cinque ricorsi dinanzi al giudice del lavoro, e – in quanto sindacato maggiormente rappresentativo all’Istat – rigettò la proposta  indecente dell’amministrazione di via Balbo – condivisa da altre sigle sindacali – che era sì pronta a restituire il maltolto a più di trecento dipendenti ma, per far fronte ai relativi costi, attingendo dal salario accessorio.

Il Tribunale di Roma in due casi ha dato piena ragione a più di cento lavoratori, che hanno immediatamente riavuto in busta paga l’indennità, in altri tre (circa una quarantina di ricorrenti) altri giudici del medesimo Tribunale hanno eccepito difetto di giurisdizione, nel senso che, a loro dire, a giudicare la causa doveva essere la giustizia amministrativa e non quella del Lavoro.

Tali ultime decisioni sono state contestate dai ricorrenti dinanzi alla Corte di Appello di Roma, che ha dato a loro ragione, per cui dovrà essere il Giudice del lavoro a pronunciarsi.

Avverso le due sentenze, che avevano pienamente accolto le richieste dei ricorrenti, è stata l’Istat nel 2010 a ricorrere in appello.

Il 30 ottobre scorso, il collegio giudicante si è pronunciato, rigettando l’appello dell’Istituto di statistica presieduto da Enrico Giovannini, confermando le sentenze di primo grado e condannando l’ente a pagare le spese legali.

Soddisfazione è stata espressa dall’avv. Enrica Isidori, che ha assistito i lavoratori nei due gradi di giudizio, e dall’Usi-Ricerca che, ancora una volta è stato strenuo difensore dei diritti dei lavoratori, operando a viso aperto sin dall’inizio e non come qualche sigla sindacale che, rimasta inerte di fronte alle decisioni illegittime dell’ente, dopo i primi successi dell’azione dell'Usi-Ricerca ha avviato anch’essa azioni giudiziarie.

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