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Venerdì, 05 Lug 2024

Nuova sconfitta in appello del Cnr, in materia di anzianità utile ai fini della attribuzione delle fasce stipendiali.

Come preconizzato dal Foglietto della Ricerca nel lontano 2010, il Cnr è stato condannato a riconoscere l'anzianità di servizio ingiustificatamente negata al personale tenure track, già in forza all'Istituto nazionale di fisica della materia (Infm).

Era già accaduto presso la Corte territoriale di Firenze poco meno di un anno fa, con un primo ricercatore in forza all’Iccom di Pisa, che aveva contestato l'illegittimo abbattimento dell'anzianità in occasione della progressione di livello. Avverso la sentenza il Cnr ha presentato ricorso in Cassazione.

Nei giorni scorsi, il bis presso la Corte di Appello di Catanzaro che, in riforma della sentenza di 1° grado emessa dal Tribunale di Cosenza, ha accolto il ricorso proposto da tre ricercatori transitati con contratto a tempo determinato dall’Infm al Cnr, a seguito di incorporazione ex lege dello stesso Infm da parte dell’ente di piazzale Aldo Moro.

In entrambe le vicende i dipendenti sono stati difesi (gratuitamente) dall’ufficio legale dell’Usi-Ricerca, sindacato sempre più impegnato nella difesa dei diritti dei lavoratori, scevro da qualsivoglia preoccupazione circa poltrone nelle RSU e annessi permessi sindacali, in quanto - come noto - diserterà le elezioni, invitando i lavoratori a fare altrettanto, per una civile protesta contro l’inaudito blocco del contratto nazionale, che si protrae ormai da 6 anni, nella indifferenza generale.

La vicenda che ha interessato i tre ricercatori riguarda il riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata prima dell’assunzione a tempo indeterminato, in virtù di contratti particolari, definiti tenure track che, a differenza di tutti gli altri, prevedevano in ambito Infm la possibilità, previa valutazione positiva dell’attività svolta, della immissione nei ruoli dell’ente con decorrenza giuridica ex tunc, ovvero dal momento dell’inizio del contratto a termine.

Approdati dall’Infm al Cnr, i tre ricercatori alla scadenza del contratto tenure track ottennero una valutazione positiva del lavoro svolto, con consequenziale assunzione a tempo indeterminato, ma con inquadramento giuridico ex nunc, vale a dire dalla data del provvedimento di assunzione a tempo indeterminato e non da quella a tempo determinato.

Un dettaglio tutt’altro che trascurabile, dal momento che – come i ricercatori e tecnologi degli enti di ricerca ben sanno – i passaggi di fascia stipendiale avvengono a seguito di valutazione dell’attività svolta e in base all’anzianità di servizio maturata.

In generale, la normativa in materia di riconoscimento dell’anzianità di servizio a tempo determinato è tuttora oggetto di sentenze discordanti da parte dei vari tribunali della penisola, per cui, in attesa di una definitiva pronuncia da parte della Cassazione, gli enti in caso di soccombenza ricorrono senza indugio in appello, anche al fine di evitare possibili danni erariali. Nel caso dei tre ricercatori ex Infm sembrava che non ci fosse materia da interpretare, stante la regolamentazione in vigore nell’ente di provenienza.

I legali del Cnr l’hanno vista diversamente, ma il 29 gennaio scorso, alla lettura dei dispositivi da parte della Corte di Appello di Catanzaro, hanno dovuto prendere nota non solo dell’accoglimento del ricorso proposto dai tre dipendenti ma anche della condanna a complessivi 11.167,00 euro, oltre accessori, come per legge, a titolo di spese legali a favore della difesa degli appellanti.

Un nuovo importante risultato per i lavoratori dell'ex Infm, oggi confluiti nel Cnr che, grazie ad USI-Ricerca, avevano già ottenuto nel 2010 la tutela della propria crescita professionale, riconoscendo la facoltà di scegliere l'istituto di ricerca al quale afferire, attraverso lo strumento del diritto di opzione. Diritto esercitato da 94 dipendenti su un totale di 297.

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