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Venerdì, 05 Lug 2024

altCon una lettera sottoscritta da 20 dipendenti, inviata alle organizzazioni sindacali, il personale in forza all’Unità di ricerca per il Monitoraggio e la Pianificazione Forestale (CRA-MPF) di Trento (loc. Villazzano) chiede che venga rivista e corretta l’ipotesi di “Piano per il rilancio e la razionalizzazione del CREA”, di cui Il Foglietto più volte ha riferito.

Per i lavoratori, “La proposta di creazione del Centro di ricerca per le foreste e le produzioni legnose riflette … una visione parziale della ricerca nel settore forestale, legata al concetto di filiera e quindi concentrata sugli aspetti produttivi. Il Centro proposto avrebbe un carattere fortemente monotematico e allo stesso tempo dimensioni ridotte (circa 30 ricercatori suddivisi in tre sedi), tali da non renderlo competitivo con strutture di altri Paesi europei (Austria, Svizzera, Paesi Scandinavi) dove centri di ricerca forestali analoghi contano molte decine o anche centinaia di ricercatori e soprattutto includono competenze e professionalità  molto diversificate, necessarie per affrontare in modo pluridisciplinare, secondo un approccio trasversale, le sfide poste alla ricerca nel settore, in analogia con quanto richiesto in ambito internazionale. La proposta, inoltre, prevede la chiusura definitiva delle attuali sedi a sud della Toscana (Rende e Casalotti), non riconoscendo di fatto l’importanza della ricerca forestale nell’area mediterranea”.

Sempre nella stessa missiva, il personale sottolinea che nella predetta ipotesi “sembra di intravvedere la volontà di limitare risorse e investimenti nel medio e lungo periodo su una sola sede, l’attuale Centro di Ricerca per la Selvicoltura di Arezzo. La condizione di “sede distaccata” prevista per l’attuale CRA-MPF … lascia presagire per il futuro una condizione di subordinazione sotto il profilo scientifico e difficoltà nella gestione amministrativa, che di fatto ne penalizza le attività. Tutto ciò nonostante l’attuale CRA-MPF rappresenti, sia in termini quantitativi sia per competenze (anche dell’area tecnica e amministrativa) e risultati scientifici conseguiti nel tempo, una struttura di importanza assolutamente non secondaria per il futuro Centro, peraltro collocata in uno dei territori più importanti per la realtà forestale del Paese”.

Dopo tali premesse, i lavoratori chiedono ai sindacati di rappresentare le loro osservazioni nel prosieguo del confronto con la Struttura Commissariale dell’ente, che possono essere così riassunte:

- revisione dell’impianto generale della proposta di riordino, prevedendo raggruppamenti più ampi e possibilmente pluridisciplinari, inserendo la ricerca forestale in un più esteso ambito di ricerca sui seguenti temi: produzione sostenibile di legname, biomassa e prodotti non legnosi delle foreste, politiche del territorio rurale, gestione delle risorse naturali (acqua, suolo, biodiversità agricola e forestale) e impatti sul clima; le attuali strutture dovrebbero confluire nei diversi raggruppamenti pluridisciplinari mantenendo la loro identità e riconoscibilità nel contesto scientifico, secondo un processo di aggregazione progressiva e condivisa con il personale, fondato su un’azione di coordinamento dell’attività dei centri e unità attualmente esistenti, senza arrivare necessariamente e in tutti i casi all’aggregazione fisica delle diverse sedi; nella proposta attuale, invece,  la specificità di quasi tutte le strutture, eredità di decenni di attività, è dispersa nei 12 centri proposti, che nel loro nome evidentemente non possono includere tutta la specificità;

- nel caso venga confermata l’attuale proposta di creazione di un Centro di ricerca per le foreste e le produzioni legnose, che dalla sua stessa denominazione appare fortemente monotematico, riteniamo che esso debba configurarsi come centro pluri-sede costituito da sedi paritetiche, in modo da assicurare una gestione efficiente attraverso un buon grado di autonomia scientifica e amministrativa di tutte le sedi, favorendo così il mantenimento in loco delle attuali linee di ricerca delle strutture, molto diversificate, e impedendo il progressivo venir meno delle competenze specifiche locali, incluse quelle non secondarie del personale precario e distaccato, e l’inevitabile impoverimento futuro, in termini di personale e risorse finanziarie, delle sedi distaccate;

- assicurare un elevato grado di autonomia amministrativa, soprattutto per la gestione dei progetti di ricerca, per tutte le sedi dei futuri Centri pluri-sede, indispensabile per garantire una buona gestione delle attività in atto e future, evitando appesantimenti amministrativi dovuti alla presenza di due gradi di controllo e coordinamento, la sede centrale e le sedi centrali dei futuri 12 Centri;

- assicurare le più ampie opportunità di collaborazione e scambio tra i diversi Centri dell’Ente (per esempio, nel caso del Centro forestale, con il futuro Centro di ricerca per la gestione delle risorse naturali e lo studio dei cambiamenti climatici), sia nell’ambito di collaborazioni su attività specifiche sia in termini di mobilità del personale, in modo da evitare che i futuri Centri si configurino come strutture settoriali, separate le une dalle altre, su modello dei vecchi Irsa.

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