Da più di un anno a questa parte, da quando lo scranno più alto dell'Istat è occupato da Giorgio Alleva, che ha chiamato al suo fianco Tommaso Antonucci, quale direttore generale, in via Balbo la parola d’ordine sembra essere ‘modernizzazione’, come se in precedenza si andasse verso il passato.
Da allora sono stati prodotti studi, incontri seminariali, una gran quantità delle oramai immancabili slide, ma di realmente innovativo si è visto poco o niente.
Anzi, il tempio delle sacre statistiche appare alquanto paralizzato, in attesa di conoscere il nuovo organigramma che, secondo quanto annunciato in più occasioni, dovrebbe tagliare pesantemente le posizioni dirigenziali.
Procedendo di proroga in proroga, con la complicità del Governo che non nomina i nuovi membri del Consiglio dell'Istituto, Alleva potrebbe puntare ad arrivare alla fine del suo mandato quadriennale, che scade nel 2018, senza avere di fatto portato avanti alcuna innovazione organizzativa sostanziale.
Ad essere onesti fino in fondo, si deve riconoscere che un chiaro segnale di ‘modernizzazione’ è giunto in occasione delle procedure concorsuali a primo ricercatore, bandite quasi 4 anni fa, che si sono concluse alla fine della scorsa estate, con la pubblicazione della graduatoria di vincitori e idonei.
Ai candidati esclusi dai colloqui o non utilmente collocati in graduatoria, che hanno esercitato il diritto di accesso agli atti, è stato notificato che potevano visionare ed estrarre copia cartacea della documentazione, previo pagamento di 0,25 euro per foglio, ma solo relativamente a non più di 5 candidati.
Alle rimostranze di alcuni, l’amministrazione ha risposto - rifacendosi a un parere sui principi di ragionevolezza e adeguatezza, espresso nel lontano 2003 dalla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi - secondo cui, “in considerazione del rilevante numero di partecipanti alla procedura concorsuale in oggetto nonché dell’elevata quantità di richieste di accesso pervenute, a ciascun richiedente è stato consentito l’accesso alla documentazione di massimo 5 candidati”.
In disparte il fatto che, nel caso di specie, il numero di partecipanti a ciascuna area concorsuale era tutt’altro che rilevante, trattandosi di qualche decina di candidati, appare nient'affatto condivisibile la motivazione relativa al numero di richieste di accesso pervenute, non fosse altro per il fatto che al primo richiedente in ordine temporale è stata imposta la stessa limitazione, senza sapere quanti ne sarebbero seguiti.
Non risulta poi agli atti alcun provvedimento dell’amministrazione, a firma di un dirigente responsabile, con il quale si definisce e si motiva il numero massimo di valutazioni accessibili.
Nel pieno rispetto dei principi di trasparenza che dovrebbero guidare l’azione amministrativa, appare incomprensibile, dunque, che, nell’era dell’IT e della dematerializzazione, l’Istat non sia in grado di allestire una modalità di consultazione on line della documentazione concorsuale, con accesso riservato alla commissione giudicante e ai candidati, nel rispetto, comunque, della privacy.
Giova ricordare che in un’analoga procedura concorsuale svoltasi nel recente passato, l’accesso agli atti fu soddisfatto con una trasmissione della documentazione per posta elettronica, in forma gratuita e senza limitazioni sul numero di candidati.
Ora, però, grazie alla ‘modernizzazione’ introdotta dal nuovo vertice dell'Istat, non è più possibile.
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Coordinatore nazionale Usi-Ricerca/Istat