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Domenica, 28 Apr 2024

Nella riunione del prossimo 3 febbraio, a soli 17 giorni dalla scadenza del proprio mandato, il presidente del Cnr, Luigi Nicolais, vorrebbe effettuare una ristrutturazione della rete scientifica sulla base della valutazione degli istituti.

In disparte l’opportunità strategica di una così importante operazione, la stessa appare quantomeno un gesto poco cortese nei confronti del suo successore, a meno che non sia lo stesso Nicolais a succedere a se stesso.

L’ulteriore programmata ristrutturazione della rete scientifica si sommerebbe a quella prontamente avviata dallo stesso Nicolais dopo il suo insediamento e che ha caratterizzato l’intero arco di gestione del suo mandato.

Sono decine, infatti, gli istituti rimaneggiati sotto la presidenza Nicolais ed ulteriori decine le nuove Unità di Ricerca istituite presso Terzi. Il tutto, troppo spesso, interpretando in maniera singolare precise disposizioni regolamentari (art. 25 ex ROF).

Oggi si vorrebbe mettere nuovamente in discussione la rete scientifica, dopo il completamento di una radicale trasformazione degli istituti, con assegnazione dei nuovi incarichi di direzione. Poltrone, queste, che costano alla collettività oltre 12,4 milioni di euro l’anno.

Se un osservatore distratto potrebbe persino plaudere a tanto dinamico sfoggio di decisionismo, qualcun altro, più addentro alla vita dell’ente, potrebbe pensare che sia semplice frutto del caos in cui versa da tempo il Cnr.

Ai tanti che hanno manifestato disorientamento dopo l’annuncio del nuovo processo di riorganizzazione, si sono aggiunti quanti hanno sollevato motivate critiche alla sequenza valutazione-riorganizzazione messa in cantiere.

Tra le prime semplici osservazioni, vi è la disomogeneità nelle analisi dei panel dei diversi dipartimenti. In alcuni casi, infatti, la valutazione è stata giudicata come limitata, a causa della mancanza di un approfondimento per ambiti disciplinari e delle risorse che avrebbero consentito interazioni dirette panel-Istituti. Già tali limiti rendono inutile l’uso dei risultati delle valutazioni stesse per giustificare automatiche riorganizzazioni della rete.

La logica ed il buon senso suggeriscono che il processo di valutazione, a dir poco incompleto, dovrebbe preliminarmente essere oggetto di approfondita critica e revisione. E’ evidente, quindi, che una frettolosa riorganizzazione basata sui risultati di un processo parziale potrebbe aggiungere al danno la beffa.
Esaminando da vicino la gestione del processo di valutazione, appare chiaro che lo stesso risulta incompleto per ulteriori tre motivi:

1) I dati analizzati sono parziali.

I panel si sono trovati ad integrare gli elementi di valutazione forniti dai direttori con quelli raccolti tramite il sistema informatico People, da tutti considerato farraginoso, poco fruibile ed incompleto, tanto da fornire dati incompleti per mancati agganci articoli-istituti.

Questa responsabilità non è attribuibile ai panel, ma a chi ha diretto il processo e dovrebbe conoscere i limiti del sistema informatico People.

2) Le griglie valutative non sono state pubblicizzate prima della valutazione.

Scelta comprensibile, vista la difficoltà di tale opera di valutazione multicriteriale. Ma questa modalità avrebbe richiesto quanto meno una seconda fase, un’interazione panel-comunità scientifica dell’istituto, che invece non è stata considerata da chi ha gestito tale processo.

La precedente valutazione, invece, aveva previsto non solo un’interazione tra i panel, la comunità scientifica degli istituti ed i rispettivi manager-direttori, ma anche una disaggregazione per ambiti disciplinari. Perché non si è mantenuto questo più completo modus operandi?

Con questa modalità di valutazione prevalentemente “a turno unico” si sono perse delle possibilità di migliore valorizzazione dei risultati degli Istituti.

Anche questa responsabilità non è attribuibile ai panel, ma a chi ha deciso tale processo di valutazione a “turno unico” e sovra-aggregato.

3) I panel hanno anche dato molta enfasi all’H-index medio del personale.

Questo è un punto delicato, che avrebbe richiesto maggiore dibattito.  È noto come l’H-index di un ricercatore sia un proxy abbastanza discutibile per la valutazione di un singolo.

La valutazione dell’H-index medio d’Istituto ottenuto come media degli H-index individuali non migliora di molto l’affidabilità di tale indicatore per la valutazione di un aggregato. Metodologicamente più corretto sarebbe stato richiedere l’H-index d’Istituto, ottenibile attraverso l’analisi bibliometrica dell’intera produzione dell’Istituto (ma questa richiesta avrebbe ancora una volta trovato un limite nel sistema People).

Se si fosse deciso di supportare tale richiesta, i risultati sarebbero stati meno questionabili. Inoltre, anche volendo comunque valutare l’H-index d’istituto come media degli H-index individuali, il processo effettuato tramite People ampliava i margini di errore, per l’eterogeneità degli indici presentabili (Google Scholar, Scopus, ISI-WoS), e per la non automaticità del collegamento.

Più corretto sarebbe stato richiedere un collegamento univoco e automatico, per esempio attraverso il sistema ORCID, che, non a caso, verrà utilizzato dalla VQR in corso.

Su questo punto, le responsabilità sono da attribuire sia ai panel, che avrebbero dovuto esercitare maggiore prudenza su tale uso improprio della bibliometria, sia a chi ha diretto il processo, atteso che non ha tenuto conto dei rilievi critici che pure erano stati sollevati da varie voci sugli H-index individuali, oltre che dell’inadeguatezza della compilazione manuale su People e non automatica, tramite l’ausilio di ORCID di un campo dinamico e sensibile come quello dell’H-index.

In conclusione, le valutazioni dei panel andrebbero considerate come prima fase di un processo ancora lontano dal potersi dire concluso. Quindi, tutt’altro che un implacabile decalogo dal quale far discendere riorganizzazioni di sorta.

Un osservatore sospettoso potrebbe pensare ad un uso affrettato di questi risultati, per lasciare a tutti i costi un segno. A prescindere dalla sua utilità o meno per il più grosso ente di ricerca del paese.

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