Gentile redazione, scrivo in merito al vostro articolo sul DM Giannini che assegna 215 posizioni di ricercatore agli EPR. Sono molto sorpresa dall'espressione "il CNR fa incetta" e dall'assimilazione all'INFN. IL CNR è in assoluto, e di gran lunga, l'ente più maltrattato dal DM. Ho fatto un'analisi della distribuzione dei posti così come illustrata nell'allegato al DM. Riassumo le avvilenti conclusioni.
1. In base al criterio a), una rilevante proporzione di ricercatori viene assegnata in base alla "sostenibilità finanziaria", in pratica alla disponibilità di fondi ordinari attribuiti a ciascun Ente. Siccome il CNR è l'Ente che riceve meno fondi dal MIUR (0,11M€/ricercatore, contro 0,35 di INFN e INAF), il DM gli assegna anche meno posti. La circolarità dell'argomento è un assurdo logico. Con il criterio a) il CNR ottiene 4 posti di ricercatore, INFN 33.
2. Il criterio b) è premiale e si basa sulla VQR 2004-10. A parte il fatto che siamo nel 2016, quindi non si sta agendo proprio con la tempestività di una saetta fulminante, ci sono stranezze singolari in questo criterio. Quella più eclatante riguarda ASI, che finora ha fatto da agenzia e non ricerca, e che ha 0 ricercatori in staff: improvvisamente, nella colonna b) ASI viene gratificata da 16 posizioni di ricercatore, contro le 22 che riceve l'intero CNR in questo criterio.
Lo statuto ASI dice all'art. 1 "L'Agenzia Spaziale Italiana, di seguito denominata Agenzia, è l'ente pubblico nazionale, assimilato agli enti di ricerca, avente il compito di promuovere, sviluppare e diffondere, con il ruolo di agenzia, la ricerca scientifica e tecnologica applicata al campo spaziale e aerospaziale e lo sviluppo di servizi innovativi, perseguendo obiettivi di eccellenza, coordinando e gestendo i progetti nazionali e la partecipazione italiana a progetti europei ed internazionali". Perciò per assegnare 16 ricercatori pubblici occorre un cambio di missione e statuto, inserendo la ricerca tra le finalità di ASI. Si intende quindi trasformare ASI da agenzia in nuovo ente di ricerca? Il criterio b, si dice, è guidato dalla valutazione ANVUR. Ma allora non si capisce: se ASI non faceva finora ricerca, cosa ha valutato ANVUR? Ricerca fatta da altri Enti e coordinata da ASI?
Infine, come si paragona la valutazione di enti unidisciplinari (INRIM, INAF, INFN) con quella di un ente multidisciplinare come il CNR?
3. Col criterio c), a tutti gli enti vengono assegnati un numero di posizioni che rappresenta ben l'1,2% (sic!) dei ricercatori in ruolo al 31-12-2015. Essendo questo incremento più o meno uguale per tutti, la tendenza della curva mostra che il CNR è l'ente che in assoluto cresce meno.
4. Un'osservazione minore riguarda infine gli enti a "fondo lista" nella tabella allegata al DM.
Secondo il criterio a) 6 ricercatori sono assegnati a questi enti, che hanno da 0 o 2 ricercatori, per portare il loro organico al numero magico di 3. Sarà mia ignoranza, ma non sempre mi è chiara al motivazione dell'utilità, unicità e non trasformabilità di questi enti, che in alcuni casi acquisiscono d'emblée 3 ricercatori non avendone nessuno.
Ovunque si taglia e si accorpa salvo che in questi enti "speciali"? Sarà un mio limite, ma non capisco quale specifica ricerca o formazione facciano l'INDAM o l'Istituto italiano di studi germanici (fatta salva la grandezza del povero Goethe usato a pretesto), e non capisco cosa osti alla loro incorporazione nei rispettivi dipartimenti di matematica del CNR o di germanistica come ce ne sono in molte università, ad esempio. Per non parlare dell'Area di Trieste, che al momento non ha ricercatori ma un impressionante numero di uffici e dirigenze deputati a gestire il consorzio; ebbene, vengono assegnati 3 nuovi ricercatori, primi e unici nel loro genere, di cui non si capisce la funzione: andranno ad uno degli enti privati ospitati nell'area? poiché, da colonna a), il personale di ricerca elencato nell'Area è 0, sembra escluso che vadano ad uno degli istituti CNR presenti nell'Area.
Se guardate bene i numeri, vedrete che il CNR "cresce" dell'1,8%, contro più del 2,5% per INGV, OGS e Dohrn, 5,2% per INRIM, 8% per INAF, 11,3% di INFN, e addirittura + infinito appunto per ASI e Consorzio di Trieste che partivano da zero.
Altro che incetta al CNR!
Patrizia Lavia – Dirigente di ricerca del CNR
La replica del Foglietto
Occorre premettere che il nostro articolo, al quale fa riferimento la dottoressa Lavia, non conteneva giudizi o apprezzamenti sui criteri utilizzati dal Miur, ma si limitava solo a fornire le cifre e ad illustrare il contenuto del provvedimento.
L’espressione “fanno incetta” (riferita a Cnr e Infn) è stata usata nell'articolo in termini assoluti e non relativi (è un dato di fatto che i due enti ne abbiano avuti di più e ci mancherebbe viste le loro dimensioni).
Fatta questa doverosa premessa, possiamo dire che l’analisi della dottoressa Lavia, prime facie, sembrava non fare una piega, soprattutto laddove riteneva illogica l’assegnazione, in base al primo dei tre criteri stabiliti dal Miur, di 33 posti all’Infn e di appena 4 al Cnr.
Ma ad un esame più approfondito, il rilievo non ha trovato conferma da parte nostra.
Tale criterio, contrassegnato dalla lettera a), pur nella sua astrusa formulazione, prevede l’assegnazione di 50 posti “in base all’indice di sostenibilità economico-finanziaria calcolato utilizzando il rapporto inversamente proporzionale tra il costo complessivo del personale e l’assegnazione ordinaria agli enti che al 31 dicembre 2015 avevano più di 3 unità di ricercatori di ruolo”.
Devesi tenere conto, pertanto, del costo di tutto il personale e non solo di quello che riveste il profilo di ricercatore.
Dai dati contabili pubblicati nel 2015, risulta che il personale è costato al Cnr circa 490 milioni, a fronte di una assegnazione ordinaria (dichiarata dal Miur nel decreto di cui trattasi) di 506 milioni, mentre l’Infn ha sostenuto una spesa per il personale di circa 139 milioni, a fronte di una assegnazione ordinaria di 228 milioni. E’ evidente che, in base ai predetti dati, l’Infn è in posizione nettamente migliore rispetto al Cnr.
L’ente di piazzale Aldo Moro, però, si rifà con il terzo criterio, quello di cui alla lettera c), che assegna 74 unità in base al numero dei ricercatori di ruolo, ottenendo 59 posti, mentre l’Infn si deve accontentare di 9.
Se la ripartizione dei 215 posti fosse avvenuta su base esclusivamente proporzionale al numero di ricercatori presenti, al Cnr sarebbero spettate 163 unità e non 82, ma evidentemente il Miur ha inteso effettuare il riparto tenendo conto di una pluralità di criteri, giusti o sbagliati che siano.
Se il Cnr oggi si ritiene danneggiato dall’operato del Miur, forse i suoi organi di vertice meglio avrebbero fatto ad attivarsi prima che il decreto fosse emanato, per far sentire le proprie ragioni al ministro.
Infine, possiamo concordare con la dottoressa Lavia sul fatto che gli enti di ricerca più piccoli debbano essere chiusi o assorbiti da altri di dimensioni maggiori (come è accaduto in passato per Isae, Insean, Inea e Inran) e questo – come noto – lo abbiamo scritto più volte. Ma finché esistono, bisognerà pur dotarli di un numero minimo di ricercatori. (Red.)