Lo scorso 8 marzo, all’Istat, con un avviso diffuso dalla Direzione Generale, è partita una call per il conferimento di incarichi di Responsabile per i servizi tecnici non generali (Capi servizio), che prevedeva una valutazione comparativa riservata ai dipendenti di I e II livello in servizio, articolata in 43 posizioni.
Alle 12,42 di venerdì 1° aprile, ultimo giorno utile, il dottor Franco Mostacci, primo tecnologo, ha presentato domanda di partecipazione per 3 posizioni (il massimo consentito), allegando il curriculum professionale, redatto in conformità al vigente modello europeo e una lettera di motivazioni, siccome previsto dal bando.
La legge 241 del 1990 sui procedimenti amministrativi - come noto - prevede che, preliminarmente, vada determinata l’unità organizzativa responsabile del procedimento, che in questo caso sembrerebbe essere stata individuata nell’Ufficio di Presidenza (che ha risposto all’accesso agli atti) che - per inciso - era una delle posizioni previste dal bando. Ma di atto formale che demandasse a tale Ufficio il compito di gestire il procedimento non sembra esserci traccia, dal momento che, sul punto, la richiesta del dottor Mostacci sembra essere rimasta inevasa.
Lo stesso discorso vale per la nomina del responsabile del procedimento (anch’essa prevista sempre dalla 241/1990), con l’aggravante, in questo caso, di un possibile conflitto di interessi personale che ricadrebbe in capo al dirigente dell’Ufficio di Presidenza.
Resta un mistero anche la nomina della commissione di valutazione che, secondo l’avviso, sarebbe stata composta “a seconda delle posizioni da ricoprire, da esperti della materia, e/o dal Direttore del Dipartimento e/o dal Direttore Centrale”.
All’atto dell’espletamento delle procedure, però, era ancora efficace il vecchio Atto organizzativo generale (AOG1), mentre il nuovo, quello “modernizzato” dall’Istat, sarebbe diventato efficace solo con decorrenza 15 aprile 2016.
A chi spettava, dunque, far parte della commissione di valutazione, ai direttori ancora in servizio o a quelli freschi di nomina, ma che direttori pleno jure ancora non erano? Un apposito provvedimento - tempestivamente pubblicato sulla Intranet istituzionale o quanto meno, per dovere di trasparenza, notificata ai partecipanti - avrebbe potuto, forse, fornire chiarimenti sul punto. Invece, esiste una serie di lettere inviate personalmente dal Presidente ai singoli valutatori, protocollate in data 4 aprile, di cui il dottor Mostacci è venuto a conoscenza solo a seguito dell’accesso degli atti.
Ed è proprio lunedì 4 aprile, alle ore 10, che inizia il lavoro di una delle commissioni.
Con un po’ di fantasia si può immaginare l’agitazione del momento: il Presidente giunge a via Balbo di prima mattina, sigla di suo pugno tutte le lettere che vengono immediatamente protocollate e fatte recapitare ‘a volta di corriere’ ai destinatari, i quali, riescono in pochi minuti a mettersi d’accordo per vedersi e dare il via alle operazioni di valutazione.
Se le cose fossero andate così, si tratterebbe di un modus operandi davvero encomiabile, un vero esempio di efficienza della pubblica amministrazione.
Il 14 aprile, dalla Intranet dell’ente si viene a conoscenza dell’esito delle valutazioni comparative per 40 posizioni su 43.
Il giorno seguente, il dottor Mostacci si attiva con una richiesta di accesso agli atti, indirizzata alla Direzione generale e il 12 maggio gli giunge la risposta, ma - come detto - dall’Ufficio di Presidenza: può visionare gli atti di suo interesse, previo appuntamento telefonico, però, per estrarne copia deve prima pagare 20 euro per i costi di riproduzione (25 centesimi a facciata).
Il richiedente fa subito presente che i regolamenti dell’Istat prevedono l’invio della documentazione per posta elettronica, senza costi aggiuntivi (una pratica già in uso da anni, ben prima della ‘modernizzazione’) e, difatti, il giorno dopo gli vengono recapitati come allegati di una email (ad altri candidati dipendenti Istat, tuttavia, l’ente avrebbe continuato a proporre il ritiro delle copie cartacee, a pagamento).
Tutto bene, quindi? Affatto.
La documentazione trasmessa al dottor Mostacci è ad oggi ancora incompleta - nonostante una successiva integrazione - ma lascia intravedere un modus operandi che può apparire singolare.
Ad esempio, le commissioni - prive di un presidente e di un segretario verbalizzatore - si sarebbero limitate a redigere un resoconto postumo, solo alla fine di tutta la procedura di valutazione, che prevedeva anche la possibilità di un colloquio.
Il bando si limitava a indicare i criteri di valutazione ma non ne definiva i relativi punteggi che, pertanto, dovevano essere fissati dalla commissione, prima di avviare le valutazioni dei singoli candidati.
Si è potuto verificare che quasi la metà del punteggio complessivo è stata assegnata alla categoria ‘Profilo di competenza tecnica e orientamento strategico al cambiamento introdotto con il programma di modernizzazione’, che però non troverebbe riscontro puntuale nel bando e che lascia ampio margine di discrezionalità alla commissione.
Il punteggio totale (riportato nella scheda complessiva di valutazione) doveva essere la sommatoria di punteggi parziali, da assegnare in base a criteri predeterminati dalla commissione.
Dal citato resoconto finale redatto dalla commissione non è stato possibile desumere i predetti punteggi parziali ma solo quello complessivo, con la conseguenza che non appare possibile ricostruire l'iter logico-giuridico seguito per individuare i capi servizio.
Ad abundantiam, è stato anche accertato che un candidato, risultato poi prescelto per l'incarico di capo servizio, non ha presentato, contrariamente a quanto previsto dal bando, il proprio curriculum professionale nel formato standard europeo.
Queste sono solo alcune discrasie che risaltano a una prima analisi - purtroppo parziale, a causa della incompletezza della documentazione trasmessa al candidato richiedente - ma che delineano una valutazione che va ad appalesarsi tutt’altro che comparativa.