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Lunedì, 02 Dic 2024

Ci sono voluti 11 anni, ma alla fine, come a volte si suole dire, giustizia è fatta.

A tirare un sospiro di sollievo e, subito dopo, ad esultare è stato ieri un nutrito gruppo di dipendenti dell’Ispra già in forza alla Presidenza del Consiglio dei Ministri (Pcm) – Dipartimento servizi tecnici nazionali – che nel 2002, con tutta la struttura di appartenenza, erano stati trasferiti ex lege all’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnci (Apat, oggi Ispra).

Le disposizioni normative all’epoca in vigore prevedevano esplicitamente che, in attesa del definitivo inquadramento nel nuovo ente (l’Apat), i predetti dipendenti dovevano beneficiare sia dei contratti nazionali che di quelli integrativi in vigore presso l’amministrazione di provenienza (la Pcm).

Tra le indennità previste dal contratto integrativo della Pcm, sottoscritto in data 15 settembre 2004, l’articolo 18 prevedeva anche quella di “specificità organizzativa”, che il nuovo datore di lavoro decise di non riconoscere sul presupposto che era stata introdotta successivamente al trasferimento dei dipendenti presso l’Apat.

Dopo alcuni mesi di proteste, senza esito, la gran parte dei lavoratori interessati si rivolse al sindacato Usi, i cui legali (il compianto prof. Edoardo Galdi e l’avv. Enrica Isidori), ritenendo fondate le doglianze dei lavoratori stessi, avviarono - con il patrocinio gratuito del sindacato - un’azione legale presso il Tribunale del Lavoro di Roma, conclusasi nel 2006 con una sentenza favorevole ai ricorrenti, ai quali l’ente dovette - dopo una serie di decreti ingiuntivi e pignoramenti - liquidare oltre 1 milione di euro.

Al contempo, l’ente si rivolse alla Corte di Appello di Roma, per chiedere la totale riforma della sentenza del Tribunale.

Nel 2013, la Corte territoriale accoglieva il ricorso dell’Apat, nel frattempo diventato Ispra.

I lavoratori appellati, una parte dei quali assistiti dall’avv. Isidori e patrocinati gratuitamente dal sindacato Usi-Ricerca, ritenendo le argomentazioni della Corte di Appello assolutamente non condivisibili, adivano la Suprema Corte di Cassazione che, con sentenza n. 10834, depositata ieri, 25 maggio 2016, cassava la sentenza impugnata e, di fatto, sanciva definitivamente la legittimità della indennità di specificità organizzativa a favore dei dipendenti già in forza alla Presidenza del Consiglio.

La vicenda, però, non è ancora ritenersi definitivamente chiusa, per due ordini di motivi. Il primo, è che la Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, dovrà fare una nuova sentenza, vincolata, però, al giudizio della Suprema Corte, e liquidare le spese alla parte vittoriosa. Il secondo, riguarda un gruppo di 14 dipendenti ex Pcm (tutti assistiti dall’avv. Isidori), il cui ricorso (analogo, ma successivo a quello degli originari ricorrenti) era stato messo in stand by dal Tribunale del Lavoro, in attesa della decisione della Corte d’Appello sul primo ricorso. L'udienza è, comunque, fissata per il 20 giugno prossimo.

*coordinatori Usi-Ricerca/Ispra

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