Ci risulta che il Collegio dei revisori dei conti dell’Ingv, nel corso della riunione del 29 aprile 2015, abbia ribadito un proprio convincimento, già manifestato più volte, per iscritto, in precedenza e cioè che i due componenti interni del cda dell’epoca versassero in una situazione di incompatibilità, per avere deliberato, quali componenti dello stesso cda, la nomina dei direttori delle rispettive sezioni di afferenza.
Ci risulta, altresì, che il 24 novembre 2015, a distanza di quasi sette mesi dall’ennesimo rimbrotto dei revisori, il presidente dell’Ingv, in occasione della prima riunione del nuovo cda, abbia proposto che i due consiglieri dipendenti dell’ente non afferissero più ad alcune delle Sezioni in cui si articola l’Istituto ma confluissero nell’Amministrazione centrale.
La proposta veniva approvata, verosimilmente anche con il voto favorevole dei due consiglieri direttamente interessati al provvedimento, con il mandato al direttore generale di provvedere a darne esecuzione.
Con una successiva nota, il dg dell’ente comunicava ai due consiglieri “interni” che, a decorrere dal 15 gennaio 2016, essi non facevano più parte delle rispettive Sezioni ma venivano assegnati al Centro Servizi Direttivi dell’amministrazione centrale dell’ente che, come noto, ha sede a Roma, in via di Vigna Murata.
La stessa nota direttoriale aggiungeva che i due membri del cda avrebbero continuato a svolgere la propria attività scientifica presso le rispettive sedi di lavoro che, ovviamente, non potevano che essere quelle all’interno dell’amministrazione centrale.
E’ accaduto, però, che uno dei due consiglieri, il primo tecnologo Alessandro Pino, abbia continuato e continui a svolgere la propria attività presso la precedente sede di lavoro, ovvero l’Osservatorio Vesuviano di Napoli, da dove si sarebbe dovuto trasferire dopo la decisione del cda (che egli stesso, probabilmente, aveva approvato).
Una vicenda, dunque, che merita chiarimenti da parte dell'ente, anche per quanto riguarda la questione dei cumuli di compensi percepiti dagli stessi componenti “interni” del cda, sollevata sempre dal collegio dei revisori, nel corso della già citata seduta del 29 aprile 2015.
Per l’organo di controllo, infatti, poiché le riunioni del cda si svolgono durante l’orario di lavoro, non sarebbe legittimo erogare ai due membri “interni”, in aggiunta alla normale retribuzione quali lavoratori dipendenti, anche l’indennità di carica.
Se così fosse, perché fino a oggi l’ente non ha provveduto al recupero delle somme indebitamente erogate ai consiglieri “interni”?