L’acqua ossigenata ha proprietà ossidanti e disinfettanti, è utilizzata in ambito medico per la pulizia delle ferite, in ambito industriale come agente sbiancante e, nell’ambiente domestico, per la sanificazione e la rimozione di macchie.
Attualmente, questa importante sostanza chimica viene prodotta principalmente attraverso la riduzione dell’ossigeno tramite un processo che, sebbene efficiente e ampiamente utilizzato, presenta alcune criticità, soprattutto in termini di sostenibilità perché necessita di solventi organici, idrogeno e metalli nobili. Proprio per questo motivo si stanno sviluppando processi alternativi che permettano di ridurre l’ossigeno ad acqua ossigenata utilizzando l’energia elettrica o direttamente la luce solare.
Ma come convertire la luce del sole in prodotti chimici nel modo più efficiente e naturale possibile? Una risposta arriva dal movimento: in natura, per esempio, le piante regolano la fotosintesi tramite il movimento degli stomi che si aprono e si chiudono per gestire lo scambio di gas e la perdita di acqua. Anche nel corpo umano il movimento degli organi svolge funzioni importantissime: basti pensare al cuore o ai polmoni che si espandono e si comprimono per pompare il sangue o permettere lo scambio di gas.
Proprio grazie al movimento un team internazionale di ricercatori delle Università di Padova e Northwestern (Chicago, USA) ha scoperto un nuovo materiale per rendere più efficiente la conversione dell’energia solare in prodotti chimici: lo studio, dal titolo Mechanical and Light Activation of Materials for Chemical Production, è stato pubblicato sulla rivista scientifica Advanced Materials.
Gli studi scientifici attuali testano i materiali per la fotosintesi artificiale – così vengono chiamate le ricerche che si ispirano a questo processo naturale e che si riferiscono a qualunque sistema per catturare e immagazzinare l’energia dalla luce del sole nei legami chimici di un combustibile – in condizioni statiche, ignorando le reazioni in caso di movimento, aspetto che hanno deciso di indagare i ricercatori delle Università di Padova e Northwestern.
«Per testare se il movimento potesse influenzare la fotosintesi artificiale è stato fondamentale preparare un materiale nuovo – spiega Luka Ðorđević, primo autore della ricerca e docente del Dipartimento di Scienze Chimiche dell’Università di Padova –. Questo materiale non solo doveva essere in grado di assorbire e convertire la luce solare, ma doveva essere anche abbastanza intelligente da gonfiarsi e contrarsi a seconda degli stimoli a cui veniva sottoposto».
A tale scopo, i ricercatori hanno scelto degli idrogel, materiali ad alto contenuto acquoso che si deformano facilmente. Questi idrogel sono costituiti da due componenti: uno è il fotocatalizzatore, che permette di convertire la luce solare in reazioni chimiche, e l’altro è un materiale che lo rende termoresponsivo.
«Il nostro nuovo idrogel, di base completamente organica, si è rilevato efficiente nella produzione di acqua ossigenata, che abbiamo scelto come prodotto della fotosintesi artificiale – aggiunge Marianna Barbieri, autrice della ricerca e dottoranda del corso di dottorato in Materials Science and Technology dell’Università di Padova –. Oltre a rispondere alla luce, l’idrogel risponde in maniera notevole anche alla temperatura: in questo modo è possibile contrarre il materiale o ripristinare la sua forma espansa».
«È stato interessante osservare che l’efficienza di produzione di acqua ossigenata aumenta quando il nuovo materiale viene sottoposto a cicli di contrazione ed espansione: più sono veloci questi cicli e più efficiente è il materiale – conclude Ðorđević –. Similmente agli organi del corpo, abbiamo visto che il movimento meccanico aiuta a velocizzare lo scambio di prodotti e reagenti e ci auguriamo che possa essere applicato anche ad altri materiali e ad altre reazioni».
Lo studio è stato svolto nell’ambito del progetto europeo ERC Starting Grant, recentemente finanziato dall’Unione Europea.

