Il 10 luglio del 1976 una nube di diossina si sprigionò dal reattore B dello stabilimento dell’ICMESA Givaudan di Meda, al confine del comune di Seveso, in provincia di Milano.
La nube tossica contaminò un territorio ampio e popoloso, avvelenando persone, animali, terreni. Per le donne, le conseguenze di questo disastro furono ancora più drammatiche: la diossina, infatti, causa malformazioni fetali e mette a rischio la gestazione.
Nella provincia brianzola, questo elemento scatenò fortissime polemiche sull’autodeterminazione delle donne e sulla loro scelta di interrompere le gravidanze a rischio.
Laura Conti, medica, scienziata, attivista ambientale, e in quegli anni consigliera regionale della Lombardia, fu testimone della catastrofe, e la raccontò in due scritti: il reportage “Visto da Seveso” e il romanzo “Una lepre con la faccia di bambina”.
La storia di Seveso è importante non solo per la spinta che diede allo studio sulla tossicità della diossina, ma anche perché il disastro contribuì ad alimentare il dibattito su importanti temi civili, in primis quelli della tutela ambientale e dell’aborto. Per entrambi Laura Conti fu in prima linea.
Il 2 luglio 2021, a 45 anni di distanza dal disastro, il sindaco di Seveso, Luca Allievi, ha dato le dimissioni “per la cattiva gestione delle vasche di percolato contenenti i liquami con diossina nel Bosco delle Querce”. Ha parlato di “omissione di controlli e zone d’ombra nel monitoraggio sulle vasche stesse”.
Dopo quasi mezzo secolo quel disastro mostra problematiche non risolte.
Per approfondire: “Scienziate nel tempo. Più di 100 biografie", Ledizioni, Milano 2020.
Sara Sesti
Matematica, ricercatrice in storia della scienza
Collabora con l'Università delle donne di Milano
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