La colpa originaria è della cosiddetta “Legge Madia”, delitto politico-istituzionale che ha sciolto il Corpo Forestale dello Stato aggregandolo all’Arma dei Carabinieri.
Colpe gravissime sono anche della Regione Abruzzo che, pur avendo competenza esclusiva in materia forestale, non si è organizzata col presidio, mezzi e personale adeguati, per l’avvistamento precoce e l’intervento immediato, FATTI che prima erano garantiti dal Corpo Forestale.
Richiamo che la Legge Regionale n. 3/2014 prevede che i Comuni, le Amministrazioni Separate degli Usi Civici debbano redigere il Piano di Gestione Silvo-Pastorale che è anche strumento per la difesa dei boschi dagli incendi. Chi l’ha visto?
L’entità del delitto politico: il Corpo Forestale garantiva all’Abruzzo, fino al 2015, ben 215 Direttori delle Operazioni di Spegnimento, 612 squadre operative presenti sul territorio, 37 mezzi antincendio! Era coadiuvato da 20 Vigili del Fuoco e 350 unità di volontari.
Con la cacciata del Corpo Forestale dall’apparato AIB della Nazione, in Abruzzo abbiamo perso complessivamente 1017 unità di personale qualificato, addestrato, attrezzato, che presidiava il territorio e con esperienza unica negli interventi di spegnimento. “Se s’interviene subito, quando l’incendio appena innescato è piccolo, si spegne presto con una... pisciata”, dicevano compiaciuti i forestali.
Oggi i Vigili del Fuoco, su cui hanno scaricato la competenza, devono spostarsi dai capoluoghi di provincia, arrivano per forza di cose sempre in ritardo, hanno mezzi pesanti inadatti alle strade carrarecce di montagna, non conoscono i luoghi. La loro esperienza e operatività è maturata in ambiente urbano, ove eccellono con interventi anche eroici, ma in montagna, nel bosco è tutta un’altra cosa.
I risultati che non hanno insegnato niente: nel 2017, vi sono stati in Abruzzo oltre 216 incendi di vaste proporzioni, che hanno interessato oltre 3500 ettari di superfici boschive, a cui vanno aggiunti 2500 di superfici non coperte da boschi (praterie con arbusti).
Un terzo delle superfici incendiate era ricompreso in aree di elevatissimo pregio naturalistico, storico-archeologico-paesaggistico-ambientale, e persino nel Parco Nazionale del Gran Sasso d’Italia-Monti della Laga, nel Parco Nazionale della Majella-Morrone, nel Parco Regionale del Sirente-Velino. Nell’agosto 2021, ci siamo giocati metà Riserva Naturale Pineta Dannunziana a Pescara, nella sua parte naturalisticamente più importante.
I 14 Canadair della flotta nazionale avevano, in tutti i casi, oltre 600 chiamate in contemporanea da tutta Italia e hanno fatto quel che potevano, con ritardi straordinari mentre le fiamme si espandevano ferocemente.
In questo caldissimo 2023, è andato a fuoco di nuovo il Morrone, nella terra di Ovidio, di Celestino V, ove c’è l’Abbazia a lui dedicata, dell’eremo rupestre di S. Onofrio, del tempio di Ercole Curino, ove si tenne il giuramento della Lega Italica e ove nacque il concetto e la parola stessa di Italia, con capitale nella vicina Corfinio.
A vedere l’unico elicottero preso in affitto dalla Regione arrivare in ritardo, col cestello che sembrava un secchiello per bambini sulla spiaggia di fronte alla vastità del fuoco… non saprei dire se montava più la pena rispetto alla rabbia. L’incendio si è propagato attraverso l’erba secca nelle “fasce tagliafuoco” ove erano stati eliminati gli alberi… e chi continua a propugnarle prenda atto della loro dannosità e inutilità.
Un documento dettagliato sulla questione incendi in Abruzzo è stato redatto nel 2017 da Italia Nostra Abruzzo, nelle cui file sono attivo. Fu presentato alla Regione, discusso, ritenuto “approfondito e ineccepibile”, condiviso nelle analisi e nelle proposte ma, in seguito, puntualmente ignorate.
Con G.U.F.I. (Gruppo Unitario per le Foreste Italiane), di cui sono presidente, abbiano tenuto due convegni nazionali sul tema con massimi esperti a livello nazionale, ma… la sostanza non è cambiata.
Va lanciata una mobilitazione per la ricostruzione di un Nuovo Corpo Forestale dello Stato, afferente al Ministero Ambiente (e non dell’Agricoltura, ove è stato storicamente), nell’era della difesa della biodiversità e delle Aree Naturali Protette, ove questa sopravvive.
Infine, occorre una legge che impedisca l’asportazione del legno morto con l’incendio, per evitare che le “silvomafie” possano procurare incendi dolosi, per poi lucrare sulle “pulizie” delle aree, rivendendo il legno rimosso alle centrali elettriche che utilizzano biomasse.
Giovanni Damiani
Presidente G.U.F.I. - Gruppo Unitario Foreste Italiane
Già Direttore di Anpa e già Direttore tecnico di Arta Abruzzo