di Antonio Del Gatto
Con sentenza n. 10936/2011, depositata il 18 maggio scorso, la Corte di Cassazione è intervenuta sulla annosa problematica dei cosiddetti benefici “combattentistici”.
In tema di attribuzione di detti benefici di cui all'articolo 2, comma secondo, della legge n. 336 del 1970, come interpretato dall'articolo 3 della legge n. 824 del 1971 - ha stabilito la Corte - per qualifica o classe di stipendio immediatamente superiore si intende quella eventualmente conferibile in relazione alla carriera di appartenenza, quale prevista dall'ordinamento generale della carriera stessa e dai contratti collettivi di lavoro, ai sensi delle leggi vigenti e indipendentemente dal sistema di conferimento.
Con riguardo agli ordinamenti nei quali sia prevista la distinzione del personale in dirigenti, funzionari, impiegati e subalterni, invece, si intende quella che si articola nei gradi conseguibili in ciascuno degli indicati gruppi.
Ne consegue che, con riguardo al lavoratore che abbia raggiunto, all'atto della cessazione del rapporto di lavoro, il grado più alto della carriera di appartenenza, non può essere attribuita alcuna qualifica superiore, ancorché esistente.