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Giovedì, 04 Lug 2024

Alla mezzanotte del 23 maggio 2014 è terminata la possibilità per le pubbliche amministrazioni di inserire i dati necessari per il monitoraggio nazionale del numero dei vincitori ed idonei collocati in graduatorie concorsuali vigenti per le assunzioni a tempo indeterminato e dei profili professionali di riferimento, ai sensi dell’art. 4, comma 5, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito con modificazioni dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125.

 

Una volta conclusa la rilevazione online predisposta dal Dipartimento della Funzione Pubblica, in collaborazione con il Formez PA, i dati raccolti dovevano essere resi disponibili presso un'apposita sezione del sito del Dipartimento, per la loro utilizzazione.

A tre mesi dalla conclusione della rilevazione sul sito non vi è ancora alcuna informazione.

In questi ultimi anni ci hanno abituato a considerare politically correct promuovere riforme come grandi trasformazioni, che attraverso iter legislativi lunghi e complessi giungono a norme finali che, nella gran parte dei casi, sono le risultanze di compromessi che, in concreto, ne pregiudicano l’efficacia inizialmente ipotizzata.

Un esempio in questo senso è rappresentato proprio dal citato decreto n. 101 del 2013 “recante disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni”, che a quasi un anno dalla sua conversione in legge ha visto diminuire - mese dopo mese - la propria azione innovatrice.

Sebbene l’iniziale intento fosse di riorganizzare in maniera sostanziale il reclutamento nella pubblica amministrazione e sostenere il precariato (anche attraverso l’immissione in servizio di idonei e vincitori di concorso), il testo licenziato è poi divenuto un documento molto meno ambizioso. Bisogna, però, riconoscere che il dispositivo ha il merito di sistematizzare una procedura sicuramente articolata, che ingloba interessi legittimi, a volte contrapposti e quindi foriera di azioni di tutela dinanzi ai tribunali competenti.

Infatti, a ribadire quanto già l’orientamento giurisprudenziale aveva più volte confermato, le azioni prioritarie che le pubbliche amministrazioni devono intraprendere per il reclutamento sono; da una parte l’utilizzazione delle proprie graduatorie o di quelle di altre amministrazioni (nel caso non ne abbiano di proprie), dall’altro effettuare le procedure di mobilità. Solo residualmente è possibile bandire nuovi concorsi.

Le finalità per le quali la disposizione è stata dettata vanno chiaramente nella direzione della semplificazione e dello snellimento, nonché della considerazione che le amministrazioni possono raggiungere significativi risparmi di risorse finanziarie e umane (in conformità agli artt. 81 e 97 della Costituzione), sia direttamente sia indirettamente attingendo a graduatorie già formate e, perché no, per ridurre i contenziosi.

Inoltre, allo scopo di favorirne l’utilizzo veniva prorogata fino al 31 dicembre 2016 la validità delle graduatorie concorsuali vigenti (art. 4, comma 4).

Ciò nonostante, se da una parte i risultati del monitoraggio del Dipartimento della Funzione Pubblica non sono ancora disponibili, dall’altra alcune amministrazioni sono rimaste praticamente immobili, se non addirittura disattente nell’applicazione della disposizione legislativa.

Infatti, in più casi i vertici di alcuni enti hanno continuano a concepire la discrezionalità dell’azione amministrativa come l’esercizio arbitrario di un potere invece che come la scelta corretta da effettuare anche in considerazione dei sacrifici e delle difficoltà che i dipendenti pubblici devono affrontare in questi ultimi anni (non ultimo il recente annuncio del mancato rinnovo del contratto anche per il 2015).

Non si può non citare l’esemplare caso dei bandi di concorso del Cnr che, come più volte riportato anche dal Foglietto, emanati nonostante la vigenza di graduatorie per i medesimi profili, costringendo i dipendenti ad una tutela legale, che poteva essere risparmiata.

Simile destino per alcuni dipendenti dell’Isfol, costretti al contenzioso da un comportamento prima orientato alla buona gestione, deviato poi in scelte illogiche e incoerenti, infine completamente inerte. È da sottolineare che gli effetti negativi prodotti dall’inerzia, in questo caso, provocano non solo la privazione di alcuni dipendenti alla stabilizzazione (non certo priva di significato nell’attuale difficile contesto economico), ma anche la perdita dei fondi destinati alle assunzioni in scadenza al 31 dicembre prossimo.

Eppure in altri contesti le amministrazioni interessate alle assunzioni dispongono che esse avvengano nel rispetto dell’art. 4, comma 3 del predetto decreto-legge n. 101 del 2013, come si evince dal D.P.C.M. del 29 luglio 2014, con il quale si autorizzano varie amministrazioni ad assumere (e a trattenere in servizio) unità di personale a tempo indeterminato, sostanzialmente attraverso l’immissione in ruolo di vincitori ed idonei di graduatorie proprie ed esterne.

E questa consapevolezza rende ancora più paradossale i casi citati, perché avvengono proprio all’interno di enti di ricerca, impegnati per mission in studi, ricerche, sperimentazioni e formulazioni delle migliori pratiche anche nel campo del lavoro e delle politiche sociali, al fine di contribuire alla crescita dell'occupazione, al miglioramento delle risorse umane, fornendo supporto tecnico-scientifico ai ministeri competenti.

Ci si chiede: dove sono finiti i principi generali come la correttezza, la buona fede e la diligenza che dovrebbero caratterizzare la condotta ordinaria di tutti coloro che gestiscono la cosa pubblica?

È possibile che l’esercizio del potere amministrativo non possa essere considerato un fattore necessario e coessenziale nell’organizzazione della funzione amministrativa, in una visione moderna, manageriale, che vede l’ottimizzazione delle risorse disponibili andare di pari passo con l’efficienza amministrativa?

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