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Giovedì, 04 Lug 2024

Rivoluzione nell’assegnazione dei fondi alle università. E’ quanto sostiene il Miur, dopo la firma da parte del ministro Stefania Giannini del decreto di ripartizione del Fondo per il Finanziamento Ordinario (FFO), ora all’esame della Corte dei conti.

Oltre il 22% delle risorse disponibili quest’anno – scrive in una nota il ministero  - sarà distribuito sulla base delle performance dei singoli atenei, tra quota premiale, programmazione triennale, dottorati di ricerca, fondo per i giovani e fondo perequativo.

Il provvedimento – continua la nota -  introduce per la prima volta nel calcolo per la ripartizione delle risorse anche il costo standard di formazione per studente in corso. Si tratta di un caso unico nella Pubblica Amministrazione: l’università si pone al centro di un innovativo sistema di distribuzione dei fondi pubblici, che legherà quote sempre più consistenti dei finanziamenti alla qualità dei servizi offerti agli studenti.

Da quest’anno non ci saranno più tetti all’incremento degli stanziamenti destinati agli atenei virtuosi, quelli che hanno aumentato il livello della loro prestazione. E cresce sensibilmente la quota premiale del finanziamento (dal 13,5% del 2013 al 18% del 2014), che sarà distribuita prendendo in considerazione anche l’internazionalizzazione delle università, con particolare attenzione per la partecipazione al programma Erasmus.

Il decreto – secondo il ministero - tiene conto degli atenei situati in contesti economicamente più deboli, con clausole di salvaguardia che stabiliscono un tetto massimo di riduzione dei fondi pari al 3,5%, contro il 5% del 2013. Nessuna università scenderà comunque sotto il 2,7%. E in base ai nuovi parametri più della metà degli atenei troveràquest'anno un segno ‘+’ davanti al proprio finanziamento. Un miglioramento che riguarda oltre il 50% delle università del Sud.

“Abbiamo introdotto cambiamenti che consentiranno, da un lato, di premiare i virtuosi e i loro sforzi nel fare innovazione e, dall’altro, di non penalizzare atenei che operano in contesti più svantaggiati”, ha dichiarato il ministro Giannini. Una “distribuzione più equa delle risorse, dunque, ma senza penalizzare chi ha una marcia in più – ha aggiunto - Un quadro che si completa con l’intervento a favore dei giovani ricercatori contenuto nella legge di stabilità che offre una maggiore flessibilità nelle assunzioni a chi ha i bilanci in regola”.

Il Fondo di finanziamento ordinario ammonta, per il 2014, a poco più di 7 miliardi di euro (7.010.580.532).

Il 18% di queste risorse (1.215.000.000) è assegnato alla cosiddetta quota premiale su cui pesano i risultati conseguiti nella valutazione della ricerca (per il 70%), la valutazione delle politiche di reclutamento (20%), i risultati della didattica con specifico riferimento alle aperture internazionali (10%).

Anche altri stanziamenti, come il fondo per i dottorati, quello per il sostegno ai giovani e il piano triennale delle università (per complessivi 259.296.174 euro) verranno ripartiti attraverso criteri meritocratici. Così come il fondo perequativo, che per l’85% premia l’accelerazione del riequilibrio fra gli atenei.

Una fetta della quota base dell’FFO verrà assegnata, per 1 miliardo circa, in base al costo standard di formazione per studente in corso.

Un sistema inedito – prosegue la nota ministeriale - che punta ad agganciare lo stanziamento delle risorse non più a criteri storici, ma alla qualità e alla tipologia dei servizi offerti agli studenti. Il costo standard, che è oggetto di un apposito decreto Miur-Mef, viene calcolato attraverso una formula che mette in relazione i costi che gli atenei sostengono per i diversi corsi di studio (costi di docenti, amministrativi e tecnici e di funzionamento) alla popolazione studentesca in corso. Per evitare sperequazioni è previsto un correttivo territoriale basato sul contesto economico. Si tiene conto anche della capacità contributiva reale degli studenti a partire dai redditi medi regionali pubblicati dall'Istat.

Il decreto – conclude il Miur - conferma anche quest’anno i 5 milioni di euro destinati al Programma “Rita Levi Montalcini”, che ha lo scopo di richiamare studiosi italiani e stranieri che lavorano all’estero; mentre a favore degli studenti ci sono 6 milioni di euro per il sostegno ai diversamente abili e 500.000 euro per i dislessici. E’, infine, previsto un fondo di 15,7 milioni di euro a sostegno delle università che sono sede di ex Policlinici universitari a gestione diretta e la conferma di uno stanziamento per la promozione delle lauree scientifiche.

Occorre dire che al di là dei toni trionfalistici del Miur, il decreto presenta luci e ombre. C'è un incremento delle risorse destinate al FFO per 1.679.575.456, come non si verificava dal 2009 (ultimo anno in cui si registrò un incremento seppur modesto delle risorse, dopodiché vi sono stati solo tagli più o meno pesanti), ancora però abbondantemente al di sotto delle reali necessità del sistema universitario. Per la prima volta si introduce il principio del costo standard cui avrebbero dovuto adeguarsi tutte le amministrazioni da anni ma, va detto, che le indicazioni per il calcolo dello stesso sono ancora “in corso di perfezionamento”. Quindi resta da vedere come sarà determinato, se si terrà conto delle peculiarità organizzative, didattiche, economiche e territoriali dei vari Atenei. In ogni caso, esso verrà introdotto gradualmente: 20% il primo anno, 40% il secondo, fino ad arrivare al 100% solo nel 2018.

Una cosa è certa, i fuoricorso non verranno più conteggiati al fine del riparto del FFO, a conferma di un'attenzione concentrata unicamente sulla velocità del percorso formativo piuttosto che sulla qualità dello stesso. Si continua così a non mettere in discussione la riforma del 3+2, che è calata in maniera indiscriminata e spesso illogica sui diversi corsi di studio. Il risultato sarà che i fuoricorso verranno visti sempre più come un peso, persone da discriminare e penalizzare con tasse sempre più alte. Si continuerà a non verificare se la didattica funziona o meno.

Ma non basta, si lega il calcolo del costo standard al numero degli studenti, per cui se un ateneo negli ultimi anni ha subito un calo di iscritti o ha introdotto numeri chiusi sarà fortemente penalizzato e difficilmente potrà tornare a crescere.

Nelle linee guida della legge 240/10, continuano a mancare i fattori inerenti alla ricerca, cosicché le reali spese relative alla formazione degli studenti, che gli atenei devono sostenere, potrebbero essere falsate mettendo a rischio tutto il comparto della ricerca accademica. Un fattore che incide non poco sul calcolo della quota premiale spettante a ciascun ateneo sulla base della ricerca e della didattica svolta.

Con il decreto sul FFO si porta la quota premiale al 18% e si modifica il peso dei diversi indicatori (fino allo scorso anno la didattica contribuiva per il 33%, la ricerca per il 66%) dal prossimo anno la ricerca e le politiche di reclutamento del personale peseranno per il 90%, mentre il restante 10% verrà valutato in base alla didattica internazionale, ossia in base a quanti studenti partono e arrivano con il programma Erasmus. Bene, peccato che a questo programma vengano destinate risorse sempre più calanti e che la ricerca verrà valutata sulla base delle contestatissime Valutazione della Qualità della Ricerca (VQR) dell'Anvur e dell'Abilitazione Scientifica Nazionale (ASN).

In compenso, con il Fondo Perequativo (l’1,5% del totale dei finanziamenti), si potrà evitare la chiusura di atenei che versano in uno stato di pre dissesto.

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