Giornale on-line fondato nel 2004

Lunedì, 06 Mag 2024

Banche tedescheAll’ombra della supervisione bancaria della Bce, alla quale sfuggono non essendo state inserite nel dispositivo di vigilanza europeo dell’unione bancaria, numerose banche tedesche si trovano oggi a dover fare i conti con un contesto divenuto d’improvviso avverso. E sono le prime a saperlo.

Tanto è diffusa questa consapevolezza che pure le autorità tedesche hanno giudicato opportuno svolgere una survey sulla capacità di questi istituti di reggere il mercato in un momento in cui i tassi, ormai azzerati, mettono a repentaglio la loro profittabilità, determinata in gran parte dal margine di interesse.

Della pratica si sono occupate la Bundesbank e la Bafin, ossia l’autorità di regolazione dei mercati finanziari tedeschi, e l’esito è arrivato lo scorso 18 settembre. La tematica tuttavia era già stata discussa il giorno prima da Adreas Dombret, componente del board della Buba, in un intervento (“Interest rate reversal in the United States and German banks”) che vale la pena leggere perché inserisce in un contesto più ampio le preoccupazioni dei regolatori tedeschi, che sono preoccupazioni microeconomiche, ossia correlate al modello di business delle banche tedesche, e macroeconomiche. Queste ultime, in particolare, sono quelle più rilevanti.

“La survey – spiega la nota diffusa dalla Buba – ha mostrato che l’ambiente di tassi persistentemente bassi ha pesato significativamente sulle istituzioni di credito tedesche su tutti gli scenari elaborati in un periodo di cinque anni”. Tuttavia, aggiungono subito che, dato il livello di capitalizzazione e di riserve, “molte istituzioni saranno in grado di sopportare le tensioni causate dal livello basso-tasso di interesse”. Ricordo che la survey ha riguardato 1.500 banche di dimensioni medio-piccole, le cosiddette LSis, ossia Less Significant institutions. Sono rimaste fuori le 21 principali banche tedesche che ormai sono finite sotto il cappello della Bce e del suo meccanismo di sorveglianza unico (SSM).

La conclusione di Dombret è chiara: la costante di tutti gli scenari osservati è che le banche tedesche devono cambiare mentalità e lavorare sul loro modello di business. Il motivo è presto detto: ci si aspetta che gli istituti di credito subiscano una riduzione dell’utile ante imposte di circa il 25% entro il 2019, pur tenendo conto di previsioni positive per l’economia e incorporando le misure di riduzione dei costi già pianificate. In due dei quattro scenari di tasso di interesse predefiniti, gli utili aggregati sono previsti in calo di oltre il 50%. In uno dei due addirittura del 75%.

La survey, inoltre, conferma che i profitti è molto probabile cadano sensibilmente se l’ambiente di bassi tassi persisterà a causa del restringersi dei margini sui prestiti. Inoltre, malgrado dal 2011 le banche abbiano ridotto l’ammontare di asset rischiosi nei loro bilanci, hanno al contempo allungato la media della maturity sui loro prestiti, probabilmente per spuntare maggiori rendimenti, esponendosi così a un più alto rischio di default e di mercato che però, osservano i regolatori, dovrebbero essere compensati dall’alto livello di riserve.

La conclusione è che le autorità monitoreranno strettamente queste istituzioni, e in particolare quelle che dipendono pesantemente dall’interest income, ossia dai ricavi da interesse. Detto ciò, vale la pena riportare alcune delle considerazioni espresse da Dombret nel suo intervento, laddove in particolare sottolinea in quale misura le banche tedesche patiscano lo zero lower bound.

Il punto sul quale Dombret insiste è la crescente divergenza fra le politiche monetarie della Fed e quelle della Bce. Ciò ha portato a due conseguenze rilevanti: da una parte, l’allargarsi dello spread fra i rendimenti Usa e quelli tedeschi, dall’altra una svalutazione dell’euro. “Le banche tedesche – spiega – devono ricordare che pure se la Fed alzerà i tassi, i tassi bassi nell’eurozona sembra dureranno ancora”. Le banche, di conseguenza saranno esposte a un crescente rischio cambio, che influenza due fattori.

Il primo è il funding gap in dollari che le banche devono coprire. Tale gap viene definito come l’eccesso di asset denominati in dollari delle banche a fronte dei debiti, anch’essi denominati in dollari. Un apprezzamento del dollaro ha impatti su entrambe le voci. “Più grande è questo gap – spiega Dombret – più la banca è esposta al rischio di cambio”.

Il secondo fattore è il disallineamento fra la maturità degli asset denominati in dollari e i debiti denominati in dollari. “Questa mancata corrispondenza misura sia il rischio cambio che il rischio interessi”.

All’inizio della crisi finanziaria sia il funding gap che il disallineamento di maturity erano molto ampi per le banche tedesche. Quando i mercati valutari si essiccarono, le banche tedesche ebbero serie difficoltà a trovare dollari sul mercato, con la conseguenza che dovettero intervenire le banche centrali con alcuni swap euro su dollaro per assicurare un flusso di valuta americana.

Adesso le banche tedesche hanno ridotto la loro vulnerabilità, aggiunge Dombret, ma il loro stock di asset denominato in dollari , rimane “sostanziale” come anche “la scala dei disallineamenti di durata dei loro investimenti in dollari Usa”.

Ciò con cui dovranno fare i conti le banche una volta che la Fed alzerà i tassi, pure se Dombret assicura che, a patto di condurre l’exit strategy in maniera trasparente, prevedibile e adeguatamente comunicata, gli effetti sulle banche saranno tutto sommato gestibili.

E poi c’è la questione Bce. “E’ improbabile che ci sia un cambiamento dei tassi in Europa”, osserva. Quindi le banche dovranno, da una parte fare i conti con le decisioni in evoluzione della Fed e, dall’altra, con i tassi bassi della Bce, che abbiamo visto poco salubri per il loro modello di business.

La conclusione di Dombret è affidata al testo di una canzone degli Alan Parsons project: “Un giorno saprete dove siete”.

Per il momento le banche tedesche sanno dove sono: fra l’incudine della Fed e il martello della Bce.

sgroi ridottoQuesto indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

giornalista socioeconomico - Twitter: @maitre_a_panZer

empty alt

"La pace è l'unica strada", l'altro ebraismo di David Grossman

Ho appena finito di leggere un libretto dello scrittore israeliano David Grossman. Una raccolta di...
empty alt

Nullo licenziamento lavoratore con patologia oncologica che supera periodo comporto

Con sentenza n. 11731/2024, pubblicata il 2 maggio scorso, la Corte di cassazione ha rigettato il...
empty alt

Premio “Ellen Richards”, la prima borsa di studio per giovani ricercatrici

L’“Ellen Richards Awards” è stato uno dei primi e più prestigiosi riconoscimenti per le...
empty alt

“Una spiegazione per tutto”, film della settimana proposto dal Foglietto

Una spiegazione per tutto, regia di Gábor Reisz, con Adonyi-Walsh Gáspár (Ábel), István...
empty alt

Cellule artificiali per individuare e combattere i tumori

Contrastare il cancro attraverso cellule artificiali in grado di individuare la patologia e di...
empty alt

Spoltore, antica Fonte Barco prima restaurata e poi abbandonata al degrado

Scrivo contro il restauro dell'antica Fonte Barco a Spoltore, comune a poco meno di 8 km. da...

Ti piace l'informazione del Foglietto?

Se ti piace quello che leggi, puoi aiutarci a continuare il nostro lavoro sostenendoci con quanto pensi valga l'informazione che hai ricevuto. Anche il costo di un caffè!

SOSTIENICI
Back To Top