La disciplina dell’abilitazione scientifica nazionale, che ormai da alcuni anni detta le regole per accedere alla cattedra nelle nostre università, continua a essere terreno di caccia per la giurisprudenza amministrativa, costretta a ripetersi di fronte all’illegittimità delle scelte operate dalle commissioni di concorso.
A questo filone, che sembra inesauribile, appartiene anche la recente sentenza della III Sezione del Tar Lazio n. 14100 del 15 dicembre scorso, che ha deciso il ricorso col quale l’interessata ha impugnato per l’annullamento, previa sospensione cautelare, il giudizio negativo riportato nella procedura di abilitazione scientifica nazionale per la seconda fascia, alla quale aveva partecipato con riferimento al settore concorsuale 5/G 1 (farmacologia).
Avverso tale giudizio, la ricorrente ha proposto tutta una serie di censure, che hanno trovato accoglimento presso il giudice amministrativo, lamentando, in estrema sintesi, da un lato, l’irragionevolezza delle valutazioni effettuate dalla commissione e, dall’altro, la contraddittorietà tra le motivazioni “tutte” positive contenute nei giudizi individuali e collegiali e la valutazione negativa finale.
Ed invero, oltre a sottolineare il fatto che la ricorrente supera due mediane sulle tre di riferimento, il giudice rileva come i giudizi individuali e collegiali rechino motivazioni, con riferimento alla produzione scientifica e ai titoli posseduti dalla ricorrente, del tutto positive, che oscillano tra “buono” e ”ottimo”.
Ciò nonostante, il giudizio finale è stato negativo, avendo la commissione concluso, del tutto apoditticamente, che “i titoli preferenziali insieme alle pubblicazioni non conferiscono alla candidata una piena maturità scientifica alla seconda fascia”.
Da ciò, secondo il giudice, un’evidente contraddittorietà interna del giudizio collegiale, che costituisce un elemento sintomatico del vizio di eccesso di potere (come dedotto dalla ricorrente), da cui consegue l’annullamento del giudizio negativo impugnato. Ancora una volta tutto da rifare, avendo il Collegio concluso, in esecuzione della sentenza, che l’interessata deve essere riesaminata da una diversa commissione entro 60 giorni dalla comunicazione in via amministrativa della sentenza stessa ovvero dalla notifica, se antecedente.
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