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Domenica, 05 Mag 2024

E' giallo sul parere reso il 4 febbraio scorso da alcune Regioni, in sede di Conferenza Stato-Regioni sullo schema di Dpcm relativo all'”individuazione della capacità complessiva di trattamento degli impianti di incenerimento di rifiuti urbani e assimilabili in esercizio o autorizzati a livello nazionale”, predisposto ai sensi dell’art. 35, dello Sblocca-Italia (contro il quale è comunque pendente un ricorso delle regioni dinanzi alla Consulta). Se il 20 gennaio scorso si erano espresse a favore 14 regioni su 20 (contrarie Lombardia, Marche, Umbria, Abruzzo, Molise e Campania), in quest'ultima seduta, stando ai verbali, sarebbero rimaste sulle proprie posizioni solo Lombardia e Campania.

Ma nei giorni successivi, a seguito delle vivaci proteste nei territori, è iniziato il valzer delle precisazioni. «La Puglia non ha espresso il proprio voto, sostanzialmente aderendo alla posizione della Campania - ha dichiarato il Governatore Michele Emiliano - La Puglia rimane assolutamente contraria in coerenza con il proprio programma di governo. Per questa ragione ci opporremo ad ogni iniziativa del governo intesa a costruire o ampliare in Puglia nuovi termovalorizzatori. Tanto al fine di chiarire la posizione pugliese che taluni stanno fraintendendo».

Le regioni che hanno fatto marcia indietro Umbria, Marche, Abruzzo e Molise affermano di aver cambiato posizione dopo l'accoglimento degli emendamenti proposti: un Piano che fotografi il fabbisogno attuale; le decisioni su realizzazione e pianificazione dei nuovi impianti in capo alle Regioni sulla base dei trend di crescita della raccolta differenziata; riconoscimento delle pianificazioni regionali e possibilità di stipulare accordi interregionali.

«Manifestiamo tutto il nostro apprezzamento per la condivisione della soluzione trovata - ha affermato il Sottosegretario alla Presidenza della Giunta Regionale dell’Abruzzo con Delega all’Ambiente, Mario Mazzocca - Con la Regione Molise inizieremo presto a studiare e approfondire i dettagli della proposta al fine di renderla agevolmente e speditamente praticabile». Ovvero, calerebbe il sipario sul termovalorizzatore previsto a Cupello in Abruzzo e, d'accordo con l'assessore all'ambiente della regione Molise, Vittorino Facciolla, si vuole utilizzare l'attuale capacità del termovalorizzatore della HerAmbiente, attivo a Pozzilli, che però, già brucia 91,5 tonnellate di rifiuti provenienti per l’85% da altre regioni, a fronte delle 93 mila autorizzate. Per esso è stato chiesto un ampliamento a 157.300 tonnellate, comunque insufficiente considerato che il solo Abruzzo può bruciare 120mila tonnellate di rifiuti.

Insomma, l'impianto sarebbe comunque insufficiente. Una circostanza che non convince le associazioni che fanno notare che in Val di Sangro è stato proposto ed è in fase di Via un impianto di gassificazione da 52.560 tonnellate e che forse ne torneranno in auge altri. «La Regione Abruzzo − ha precisato Mazzocca − ha ribadito il proprio parere negativo sul detto Decreto. La nostra posizione di deciso dissenso è basata su considerazioni oggettive effettuate dagli uffici regionali che stridono con le valutazioni effettuate dal Governo». Così pure Facciolla ha dichiarato di aver fatto mettere a verbale l’indisponibilità del Molise «ad aumentare la quantità di rifiuto incenerito o a modificare la qualità del rifiuto stesso».

Così per l'Umbria «C'è stata un'integrazione, ossia che il punto di verifica rispetto all'impiantistica prevista dal governo si subordina anche ad intese interregionali: se grazie a queste intese dimostriamo che tutto il fabbisogno viene smaltito non c'è bisogno di nuovi termovalorizzatori - ha dichiarato la Presidente Catiuscia Marini, che ha aggiunto - stiamo lavorando con la Regione Toscana per quanto concerne le discariche».

Una dichiarazione che trova conferma in quella del Presidente della Regione Marche Luca Ceriscioli «Il governo  dovrà tenere conto nella pianificazione nazionale delle previsioni dei piani regionali dei rifiuti, aprendo all'accordo fra le Regioni consentirà di evitare la realizzazione di nuovi impianti di termovalorizzatori sul nostro territorio e di dare seguito al progetto di economia circolare recentemente approvato dal consiglio regionale».

Scontento del via libera il comitato No Inceneritori, che per il 14 febbraio a Terni ha organizzato un corteo di protesta: «La Regione ha finalmente svelato le sue reali intenzioni votando a favore».

Ma se Marche e Umbria con i loro 63% e 50,6% di differenziata hanno buone chance per evitare la costruzione di un nuovo inceneritore sul proprio territorio, le altre regioni, anche con eventuali intese interregionali, difficilmente potranno scamparla.

Un caso a parte è quello della Sicilia che, nonostante le polemiche, non ha nemmeno tentato di giustificare il proprio sì allo schema di Dpcm. Ricordiamo che la proposta di Rosario Crocetta era di costruire 6 mini inceneritori, mentre per il governo si potevano realizzare solo 2 mega impianti che avrebbero smaltito ciascuno il 40% dei rifiuti dell'isola, 685.000 tonnellate di rifiuti l'anno, considerato che la percentuale di differenziata attuale è appena del 20%. Ora, il numero e l'ubicazione degli impianti saranno decisi dal governo regionale (probabilmente verranno riconvertite le centrali Edipower di San Filippo del Mela e le centrali Enel dismesse di Termini Imerese, S. Lucia del Mela e Priolo). «Una scelta scellerata, obsoleta e vecchia − ha dichiarato Gianfranco Zanna, presidente regionale di Legambiente Sicilia, che conclude − che non risolve nella maniera più assoluta il problema dei rifiuti. Ancora una volta ribadiamo che il futuro nella gestione del ciclo dei rifiuti sono la prevenzione, il riuso e il recupero, così come ci impongono le norme europee e nazionali. Basta solo applicarle».

Soddisfatto, invece, il ministro Galletti secondo il quale con l'applicazione dell'articolo 35 dello Sblocca Italia si rompe il principio dell'autosufficienza regionale e si crea una rete nazionale. «Questo piano ci aiuta molto ad impostare un lavoro serio per lo smaltimento dei rifiuti − ha sottolineato il ministro − e ci serve anche per contrastare le infrazioni comunitarie a cui l'Italia è sottoposta in questo momento. Parte dal presupposto che tutte le regioni arrivino al raggiungimento degli obiettivi fissati dall'Europa». Obiettivi che, lo ricordiamo, sono il 65% di raccolta differenziata e la riduzione dei rifiuti del 10%. Ma anche raggiungendoli per il ministro resta ancora una necessità di incenerimento, per il Paese, che equivale a 8 termovalorizzatori, definiti “infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale” insieme ai 40 già in funzione e ai 6 già autorizzati. Comunque, in base all'intesa raggiunta, il piano dovrebbe essere aggiornato di anno in anno tenendo conto anche dei piani di smaltimento regionali.

Per il momento, una cosa è certa, i rifiuti potranno viaggiare da una regione all'altra e chi è più virtuoso paradossalmente dovrà bruciare nei propri impianti quelli di chi non lo è. Così, ad esempio, la Lombardia con i suoi 13 termovalorizzatori rischia di dover accogliere i rifiuti che non riescono a smaltire le altre regioni della macro area del nord, potenzialmente circa 500mila tonnellate di spazzatura in più. Per Legambiente Lombardia, alla luce del 56% di differenziata raggiunto, andrebbero dismessi impianti di incenerimento obsoleti e particolarmente inquinanti, quali Busto Arsizio, Desio, Valmadrera.

Ma non basta, per quanto concerne la Regione Lazio si riapre la partita di Malagrotta, mai bonificata dopo la chiusura - dove il Colari ha due impianti di trattamento meccanico biologico e un gassificatore chiuso dal 2011 per “motivi tecnici” oltre al progetto di una seconda linea di gassificazione - e di Albano che sembrava ormai archiviato. La Regione Lazio, assente in conferenza, preannuncia una revisione del piano rifiuti alla luce dell'avvenuta crescita della differenziata. Vedremo come andrà a finire.

Intanto, tutti i protagonisti dell'intesa richiamano alla necessità di avviare l’economia circolare, ma per farlo bisogna introdurre schemi di tariffazione puntuale per i rifiuti conferiti e di premialità per i cittadini virtuosi, attualmente assai poco diffusi e per la maggior parte degli enti locali tutta da costruire.

Ci riusciranno? Staremo a vedere.

Di sicuro, con altri inceneritori, stando a quanto scrivono i Medici per l'Ambiente, aumenteranno le emissioni di sostanze che provocano cancro, malformazioni fetali, e molte altre patologie perché “resistenti ai processi di degradazione naturale; bioaccumulabili nei tessuti dei viventi trasferendosi da un organismo all'altro lungo la catena alimentare; tossiche”.

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