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Giovedì, 04 Lug 2024

Mentre volge al termine il periodo di vigenza dell’attuale disciplina dell’abilitazione scientifica nazionale, di cui si sta completando la riforma, si intensifica l’azione della giustizia amministrativa, che continua a emettere sentenze di condanna del Miur.

Motus in fine velocior, si sarebbe detto una volta. Di certo, è destinata a restare agli annali la data del 19 aprile scorso, veramente dies nigro signanda lapillo, visto che, presso una sola sezione del Tar Lazio, il Miur è risultato soccombente in ben 5 ricorsi. Un’ecatombe tanto più sconvolgente, ove si pensi che essa è avvenuta coinvolgendo i settori concorsuali più disparati: medicina interna, progettazione architettonica, discipline demo antropologiche, endocrinologia, nefrologia e scienza dell’alimentazione e del benessere e, infine, chirurgia plastica ricostruttiva, chirurgia pediatrica e urologia.

Nel primo caso (sent. 4565/2016), il giudice ha rilevato l’incongruità e contraddittorietà del giudizio della commissione che, pur avendo espresso valutazioni positive sulle pubblicazioni della ricorrente, ha poi concluso con un giudizio negativo. Inoltre, la medesima commissione non ha motivato le ragioni per cui non ha concesso l’abilitazione all’interessata, sebbene avesse superato ben due mediane su tre. Ne è scaturito l’annullamento del diniego dell’abilitazione e l’obbligo di riesaminare la candidata davanti a una diversa commissione.

Anche nel secondo caso (sent. n. 4561/2016), il Tribunale amministrativo ha rilevato l’incongruità del giudizio della commissione, ma questa volta per il fatto che dai verbali delle sedute dell’organo non è stato possibile evincere le ragioni che hanno ispirato il giudizio collegiale, reso in forma sintetica per tutti i candidati con un mero rinvio ai giudizi dei singoli commissari. A ciò si aggiunga che nelle ipotesi come quella in esame, in cui all’amministrazione è attribuita un’ampia discrezionalità, è necessaria una ancor più rigorosa motivazione, in modo da comprendere l’iter logico seguito. Anche qui, per effetto della sentenza, la situazione dell’interessata dovrà essere riesaminata da una commissione diversa.

Nel terzo caso (sent. n. 4550/2016), a determinare l’annullamento è stato il difetto di motivazione per carenza della prescritta analiticità, dato che nessuno dei commissari, nello stilare il proprio giudizio sulla produzione scientifica della candidata, si è spinto sino a individuare le singole opere sottoposte a valutazione, esprimendo un giudizio di merito su ciascuna di esse, preferendo invece rendere sintetiche valutazioni complessive sulla globalità dell’opera della ricorrente, un modus procedendi in aperta violazione della regola dell’analiticità dei giudizi prevista dalla legge. Ancora una volta, procedura annullata e tutto da rifare davanti a un’altra commissione.

Nel quarto caso (sent. n. 4552/2016), il giudice ha ritenuto assorbente il profilo della mancata valutazione di alcuni titoli declinati nella domanda, in particolare la “partecipazione ad enti o istituti di ricerca di alta qualificazione”, che la commissione era vincolata a tenere in considerazione. Tali titoli sono stati, invece, valutati da un solo commissario, ma di essi non hanno fatto menzione alcuna né i giudizi degli altri quattro commissari né il giudizio collegiale. Ne è seguita la violazione della regola fissata dalla legge che prescrive la valutazione “analitica” delle pubblicazioni e dei titoli presentati. Principio tanto più inosservato nel caso in esame, in cui la valutazione di determinati titoli è stata del tutto pretermessa. La conseguenza, anche qui, è stata l’illegittimità del diniego di abilitazione e la condanna del Miur a ripetere la procedura, ovviamente davanti a una commissione diversa.

Nell’ultimo caso (sent. n. 4562/2016), il Tar ha rilevato il difetto di motivazione risultante dall’assoluta inidoneità dei giudizi a esplicare le ragioni della mancata abilitazione, elemento considerato sufficiente a inficiare in radice il giudizio di merito espresso dall’organo collegiale. In più, i giudizi individuali hanno evidenziato la rilevata mancanza di analiticità delle valutazioni, in quanto nessuno di essi è stato in grado di offrire spunti sufficienti a comprendere quale sia stato il reale iter argomentativo che ha condotto i commissari a negare l’abilitazione, anche in considerazione del superamento di due delle mediane relative alle pubblicazioni. Tutto da rifare, quindi, davanti a una nuova commissione.

Tranne che in quest’ultimo caso, in cui le spese sono state compensate per la grafomania del ricorrente, che ha palesemente violato il principio di sinteticità degli atti processuali (d.lg. 104/2010) presentando un ricorso di 95 pagine, in tutti gli altri il Miur è stato sempre condannato alle spese (ogni volta mille euro). Considerato che a queste si devono, poi, aggiungere quelle derivanti dalla ripetizione della procedura, ci chiediamo, a questo punto, se non sia opportuno che il Miur si decida a organizzare dei corsi di preparazione al ruolo di commissari di concorso per l’abilitazione scientifica nazionale.

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