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Venerdì, 05 Dic 2025

Gentile Direttrice,

sono un'assidua lettrice del vostro settimanale che apprezzo moltissimo, vuoi per l'utile servizio di informazione a tutto campo che svolge, vuoi per le prese di posizione assunte che ho sempre condiviso perché adeguatamente illustrate e documentate, come da ultimo con la sacrosanta battaglia a difesa della Costituzione in occasione del referendum dello scorso 4 dicembre. Una informazione, la vostra, che sembra privilegiare soprattutto l'università, andando dalla illustrazione di molte scoperte che esitano da ricerche svolte negli atenei italiani, per finire alla difesa dei diritti dei docenti.

Sarebbe bello se per una volta si parlasse anche dei diritti degli studenti e perché no dei genitori che, pagando le tasse universitarie, vorrebbero un'università più efficiente.

Sarà che chi vi scrive ricorda di aver vissuto, rispetto ai propri figli e a giovani conoscenti, una istituzione universitaria ben diversa da quella attuale. Una Università in cui il diritto allo studio era effettivamente esigibile. Bastava avere un reddito medio basso e uscire dalla scuola secondaria superiore con 42/60 per avere una borsa di studio di tutto rispetto e/o l'accesso gratuito alle residenze universitarie. Il percorso di studio era agevolato da sessioni di esami mensili, biblioteche sempre aperte, libri in prestito e professori pronti a riceverti, anche oltre gli orari prestabiliti. A lezione il dialogo era intenso e arricchente. Al conseguimento della laurea se si aveva un buon voto finale era lo stesso ateneo a segnalarti per garantirti sbocchi lavorativi o il docente a chiederti di restare nell'università a fare ricerca (cosa che per un periodo ho fatto).

Da genitore, ho assistito a tutt'altro film: professori spesso assenti, sessioni di esame assai più rare, oserei dire, à la carte del singolo docente. E dire che figli, nipoti e loro amici hanno frequentato facoltà e atenei diversi ma i disservizi sono una costante unificante di tutte le istituzioni universitarie italiche, grandi e piccole, in testa alle varie graduatorie e non. Tutti fattori che non fanno altro che ritardare e ostacolare la conclusione del percorso di studi.

E poi c'è chi osa parlare di “sfigati” con riferimento a chi si laurea in ritardo!

La costante più ricorrente, però - ed è per denunciarla che vi scrivo – è l'ostacolo che gli studenti si trovano di fronte quando devono chiedere la tesi. Una vera via crucis! Si va di docente in docente e si ricevono continui rifiuti con le motivazioni più varie. È capitato ad entrambi i miei figli e a loro amiche e amici, a nipoti, eppure si trattava sempre di ragazzi brillanti e con un ottimo profitto.

Quando è capitato al primo figlio pensavo – data la facoltà – dipenderà dal fatto che i professori sono anche liberi professionisti impegnatissimi all'esterno. Poi, però, la cosa si è ripetuta per il secondo in tutt'altra facoltà ed è stato impossibile fare una tesi sperimentale, solo la quinta docente si è degnata di “concedere“ una tesi compilativa. In quest'ultimo caso, ho pensato si trattasse della cronica insufficienza di laboratori della più grande università d'Europa.

Oggi, purtroppo, la situazione si sta riproponendo tal quale in una piccola ed efficiente università del nord, dove lo stesso figlio sta frequentando il corso di laurea magistrale! Anche adesso siamo almeno al quinto rifiuto con motivazioni ogni volta suggestive “vado in pensione e non ho tempo per le tesi”, “nel mio laboratorio accolgo solo gli studenti del mio corso”, “per me i sei mesi di tirocinio che propone l'università sono insufficienti”, et similia.

I vari ministri succedutisi al Miur ci hanno ripetuto per anni il refrain sull'importanza dei percorsi scuola/lavoro, ebbene, pensate che qualche docente, per il tirocinio, abbia voluto far da tramite con un ente di ricerca, un Irccs o un'azienda privata? Nient'affatto.

C’è da chiedersi se per un docente fare da relatore a un tesista esuli dai compiti per cui viene retribuito.

So bene che, di contro, ci sono moltissimi professori attenti alle esigenze degli studenti e per questo mi chiedo se è così difficile per i Rettori fare una circolare per rammentare, soprattutto ai docenti recalcitranti, che quello di assistere gli studenti nella redazione della tesi è un preciso dovere?

E dire che il Rettore dell'università in cui mio figlio, nonostante una media che va oltre il 30, non riesce a fare il tirocinio e la tesi di laurea, proprio lunedì scorso su Repubblica si vantava di aver inserito nel suo ateneo insegnamenti che preparano alla medicina del XXI secolo e di aver istituito il corso di medicina Harvey interamente in inglese, il primo in Italia, così innovativo da attrarre due terzi degli studenti dall'estero.

Ma quegli studenti, al pari di altri sono stati informati delle possibili difficoltà che avranno per vedersi assegnare una tesi?

E la ministra ne è al corrente? E se sì, perché non interviene per tutelare i diritti degli studenti?

Forse perché l’Italia da tempo non è più un Paese per giovani?

Lettera firmata

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