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Venerdì, 24 Gen 2025

L’Ocse ha pubblicato un interessante rapporto sugli andamenti delle competenze dell’istruzione di base nei paesi dell’area fra gli adulti dal quale si evince una tendenza, che riguarda molti di loro, al declino di queste competenze. Parliamo di leggere e far di conto in maniera efficace, ossia ciò che la scuola dell’obbligo elargisce gratuitamente in tutti questi paesi almeno dal secondo dopoguerra.

L’indagine ha una importanza particolare ai giorni nostri, quando discutiamo forsennatamente, spesso senza neanche aver chiaro il perimetro del discorso, di intelligenza artificiale che minaccia chissà quali sfracelli nel mercato del lavoro e che si ipotizza richiederà un notevole miglioramento delle competenze dei lavoratori, non certo il loro degradarsi.

Questo almeno in teoria. Perché se guardiamo alla pratica più recente, osserviamo che negli Stati Uniti, fra il 1980 e il 2012, il numero dei lavoratori impegnati in occupazioni che richiedono comportamenti sociali – tipicamente i servizi alla persone – sono cresciuti molto più di quelli che richiedono attitudini analitiche, che da un ventennio sono praticamente a crescita piatta, mentre le occupazioni routinarie, quelle sulle quali l’automazione ha svolto i suoi effetti più rilevanti, sono crollate.

Ma poiché nessuno può sapere cosa accadrà domani, contentiamoci intanto di vedere cosa è accaduto fino ai giorni nostri. L’indagine è stata svolta su un campione di 160 mila adulti dai 16 ai 65 anni residenti in 31 paesi che rappresentano una popolazione di 673 milioni di persone. In pratica l’élite del mondo.

Queste le principali conclusioni: “Nonostante gli sforzi significativi compiuti dai governi e dalle parti sociali per rafforzare i sistemi di istruzione e formazione degli adulti nell’ultimo decennio, l’indagine rivela un panorama delle competenze decisamente disomogeneo, con un numero crescente di persone impreparate per il futuro”.

Tolti Finlandia e Danimarca, dove le competenze alfabetiche degli adulti nell’ultimo decennio sono migliorate, negli altri paesi dell’area queste sono rimaste stagnanti o sono declinate. Quanto a quelle numeriche, otto paesi le hanno viste in miglioramento, con sempre la Finlandia e Singapore ad ottenere i piazzamenti migliori.

Le buone notizie finiscono qui. Nell’area risulta che un quinto degli adulti è in grado solo di capire testi semplici e usare l’aritmetica di base. Le competenze alfabetiche delle donne sono diminuite più di quelle degli uomini, che se la cavano anche meglio con i numeri.

Capire perché quest’ultimo decennio sia stato sostanzialmente un decennio perduto per migliorare il nostro capitale umano non è certo esercizio facile. Ocse si limita a tirare in ballo il sistema scolastico e gli altri strumenti che istituzionalmente hanno il compito di presidiare le competenze di base. Ma è davvero sufficiente?

Ammesso che siano solo le scuole a fornire tali competenze, non dovremmo interrogarci anche sui comportamenti che hanno effetti regressivi sull’apprendimento? Si può anche frequentare la migliore scuola del mondo, ma se poi si adottano comportamenti che vanificano il lavoro fatto a scuola – ad esempio passando le ore del proprio tempo libero a fare scrolling sullo smartphone – siamo certi che questo non finisca con l’impattare sulle nostro competenze di base? Il declino cognitivo di gran parte dei paesi occidentali dell’ultimo decennio è in qualche modo correlato con lo sviluppo e l’uso compulsivo dei device digitali?

Purtroppo, queste domande per il momento non hanno risposta. Anche solo provarci richiederebbe analisi dei dati ed approfondimenti che il rapporto Ocse non propone, quindi bisognerà ricercarli altrove. Ocse però ci fornisce un’informazione che ci aiuta a dipanare la grande nebbia che circonda ancora questa materia. Il declino peggiore delle competenze lo ha vissuto quel 10% di persone che era già male attrezzato. Chi sapeva meno, sa ancora meno di prima, al contrario di quanto accaduto al top 10% che sapeva di più. Esiste, insomma, un tema di diseguaglianza anche delle competenze, che poi diventa ovviamente anche economica, visto che è ampiamente documentata la correlazione positiva fra livelli di istruzione e livello di reddito.

Qual è la soluzione? La scuola evidentemente non basta. “Nonostante l’ampia espansione dell’istruzione, i livelli medi di competenza non sono aumentati di conseguenza”. Questo vuol dire che la scuola non funziona, o che non funziona quello che facciamo dopo la scuola?

Ai posteri l’ardua sentenza.

Maurizio Sgroi
giornalista socioeconomico
autore del libro “La storia della ricchezza”
coautore del libro “Il ritmo della libertà”
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