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- di Roberto Tomei
Tremila euro annui ciascuno da distribuire a 15mila tra ricercatori e associati, ossia meno della metà della platea, mentre i professori ordinari rimangono, non si capisce perché, a bocca asciutta.
“Il governo andrà avanti finché c'è la maggioranza”, così ha dichiarato il premier Gentiloni, intervistato da Pippo Baudo durante una recente puntata della trasmissione Domenica In, una dead line che sembrerebbe confermata dall'esito della convention renziana, tenutasi al Lingotto.
Ennesima, tanto sonora quanto evitabile, sconfitta inflitta al Miur dai giudici amministrativi con sentenza del Tar Lazio, sez. III, 17 marzo 2017, n.3213. Ma andiamo con ordine.
Per il settimo anno consecutivo, la retribuzione di docenti e ricercatori universitari (che, come noto, rientrano nella categoria dei dipendenti pubblici non contrattualizzati) resterà quella del 2011, anno in cui con un decreto legge (n. 78/2010), convertito in legge (n. 122/2010), l’allora governo Berlusconi, con Tremonti alla guida del ministero dell’economia, stabilì che fossero bloccati, per il triennio 2011-2013, sia i meccanismi di adeguamento retributivo di cui all’art. 24 della legge 448/1998 che quelli di progressione biennale (ora triennale) per classi e scatti di stipendio, senza possibilità di recuperi successivi.
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