di Alex Malaspina
Un avvocato, difensore nell'ambito di un procedimento penale di un imputato beneficiario del patrocinio a spese dello Stato, perché collaboratore di giustizia ammesso allo speciale programma di protezione, una volta presentata istanza di liquidazione dei suoi compensi difensivi, ha avuto un'amara sorpresa: la liquidazione era stata ridotta, in quanto durante le udienze di trattazione e discussione era rimasto in silenzio.
L'avvocato è ricorso in Tribunale, che ha accolto solo parzialmente l'istanza.
Non dandosi per vinto, il legale si è rivolto alla Cassazione, sostenendo che il suo "silenzio" faceva parte di una precisa strategia processuale. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso ritenendolo fondato, con la conseguenza che all'avvocato spetta non il compenso per la partecipazione all'udienza, bensì quello per l'esercizio di attività difensiva basata appunto sul "silenzio".
I giudici di piazza Cavour, infatti, hanno precisato che "la cura e la tutela degli interessi processuali dell'imputato - al cui espletamento l'ordinamento riconnette il diritto all'onorario - si può manifestare anche attraverso la partecipazione silente, la quale è espressione di una strategia processuale, in cui si realizza la garanzia costituzionale del diritto di difesa e del diritto al contraddittorio nel processo penale".
E’ proprio il caso di dire che, a volte, il silenzio è d’oro.