di Adriana Spera
Un tempo patria del diritto, soprattutto dopo l’esplosione della globalizzazione il nostro paese è diventato via via tributario nei confronti degli altri ordinamenti, specie di quello anglosassone, di nuovi istituti giuridici, in particolare nella materia del diritto commerciale.
Poteva, e forse doveva, accadere lo stesso anche per il fenomeno delle lobby, già noto prima della recente globalizzazione, ma, per un motivo o per l’altro, esso è rimasto confinato nell’ambito sociologico, restando fuori da quello del diritto.
In disparte la querelle sull’origine del termine lobby - se derivi cioè dal latino medievale lobia, ossia loggia, portico, ovvero dall’antico tedesco lauba, ossia deposito di documenti - è certo che, nel suo significato attuale, esso nasce nel XIX secolo, in Inghilterra, a indicare quello spazio del parlamento in cui i rappresentanti dei gruppi di pressione cercavano di contattare i membri del parlamento stesso.
E’ da un bel po’, dunque, che le lobby esistono. Fuori del nostro paese ne hanno preso atto da tempo e le hanno regolamentate, così da poter controllare quello che andavano facendo. Ci sono pure da noi, il parlamento lo sa, ma non è riuscito a disciplinarle. Non che non ci abbia provato; ci prova, anzi, dal 1948 ma senza successo, come testimoniano le decine di proposte mai trasformate in legge.
Qui siamo al paradosso. Mentre manca, infatti, una normativa nazionale, ci sono regioni (la Toscana, il Molise, l’Abruzzo) che nel frattempo la loro legge se la sono data e altre (Calabria, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Veneto) dove testi di legge sulla materia sono stati presentati.
Tra questi e le proposte (si dice, una cinquantina) avanzate, senza esito, al parlamento nazionale, basi di partenza proprio non mancano. Si tratta, perciò, soltanto di trovare la strada per concludere qualcosa di concreto, individuando giusti punti di equilibrio tra legalità, trasparenza e attività lobbistica, sottoponendo quest’ultima a un preciso e rigoroso codice deontologico.
Qualche settimana fa, pare che il governo abbia avviato una “discussione programmatica” sul tema.
Al di là di qualsiasi considerazione, per l’Italia è ora di colmare un gap con le altre democrazie occidentali, stoppando, finalmente e una volta per tutte, l’attività di corsari e uomini mascherati.