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Sabato, 13 Dic 2025

Mentre, incompatibilità permettendo, spera di riapprodare presto al vertice dell’Istat, Enrico Giovannini, lasciata la poltrona di ministro del Lavoro, tornato all’insegnamento all'Università di Tor Vergata, ieri ha presentato un suo lavoro editoriale, dall’impegnativo titolo “Scegliere il futuro”.

L’evento si è celebrato a Roma, all’Istituto Luigi Sturzo, con l’intervento dell’autore, del Giudice costituzionale Giuliano Amato, della senatrice Linda Lanzillotta e del giornalista Riccardo Luna, con Dario Laruffa nella veste di moderatore.

Nell’agile volumetto edito da Il Mulino, forse scambiando i mezzi per i fini, Giovannini spiega che oggi non è l’economia a farla da padrone ma è la statistica che “domina la vita”. Non è un caso - ci ricorda - che pure i giornali dicono che il Novecento è il “secolo della statistica” e “tale definizione è pienamente condivisibile”.

Dopo quest’iniziale rivelazione-choc, l’ex presidente dell’Istat fa alcune scoperte, come il grosso ruolo dell’irrazionale nelle scelte umane, la diseguaglianza nell’accesso all’informazione statistica, la necessità che questa sia resa sempre più fruibile, l’importanza della fiducia che nella statistica devono riporre i cittadini.

Avendo conosciuto mezzo mondo, come lui ci tiene a precisare, ed essendosi formato un “caleidoscopio di conoscenza”, non sappiamo che cosa il pensoso professore stia escogitando per contenere la presenza dell’irrazionale nel mondo, ma sul resto ci rassicura di essere già pesantemente intervenuto: quand’era chief statistician dell’Ocse lanciò l’idea di svolgere una rilevazione sulla conoscenza dei dati economici tra i cittadini; mentre era presidente dell’Istat realizzò un forte potenziamento della comunicazione pubblica dei dati, con risultati importanti; sempre a partire dal suo avvento all’Istat, la fiducia nelle statistiche è visibilmente cresciuta.

Resta il problema, che lo statistico-statista non si nasconde, che “l’aumento di conoscenza dipende anche dalla capacità degli individui di trattare dati statistici”, una condizione che, statistiche alla mano, vede noi italiani, in quanto molto ignoranti, particolarmente svantaggiati. Quanto meglio sarebbe, ad esempio, se tutti potessero avere “un approccio alla valutazione preventiva e successiva delle politiche”.

Ma anche qui il Nostro non è stato con le mani in mano e, prima delle elezioni del 2013, ha fatto una proposta accolta dal Corriere della Sera, che ha svolto un’indagine sui programmi dei partiti.

Certo, poi ci sono sempre quel maledetto “irrazionale” e la divaricazione tra “testa” e “pancia”, che possono giocare brutti scherzi, ma per Giovannini resta il fatto che l’ignoranza statistica non fa vivere bene e tutto ciò è destinato ad aggravarsi col progredire di quello che è stato chiamato il “diluvio dei dati”, in cui tutti siamo stati precipitati. Un altro fronte sul quale Giovannini già combatte da tempo, avendo sin dal 2011 richiamato l’attenzione sulla necessità di un cambio di paradigma verso quella che egli stesso aveva ribattezzato statistica 2.0., inevitabile esito della mission che si era dato nel 2009, al momento di assumere la presidenza dell’Istat.

Non ci sono dubbi: come quelli di Google, che la sanno lunga, anche Giovannini è convinto che ”la professione di statistico è la più sexy di questo decennio”, perché consente di distinguere quel che conta veramente, mentre tutti gli altri, meschini, affogano nel diluvio dei dati.

Ma - ed è questo il caveat finale dell’aureo volumetto - sarebbe un grave errore concentrarsi sui dati che si riferiscono solo al presente o al passato, essendo necessario predisporre modelli affidabili per la gestione consapevole dei rischi, ricostruendo la catena che lega informazione, conoscenza e scelte politiche. Una direzione, anche questa, nella quale, manco a dirlo, Giovannini si è mosso già dal 2005 con un progetto dal quale è scaturita una miriade di iniziative, tra le quali da ultimo, sempre per impulso  determinante di Giovannini stesso, il Rapporto Istat-Cnel del 2013, fondato sul Bes (Benessere equo e sostenibile).

Per l’ex ministro del Lavoro, “se riusciremo a realizzare il cambiamento culturale che tutto ciò richiede”, potremo dire di aver fatto “né più né meno il nostro dovere”.

Modo migliore per concludere il suo prezioso trattatello ”De re statistica II.0” l’autore non poteva trovare.

In quelle parole si riflette, infatti, quella che forse è la sua qualità principale, che non si può non riconoscergli: la modestia.

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