La canicola romana non ferma il Consiglio di Stato, che anche in piena estate, con sentenza n.4162 del 4 agosto 2014, non ha perso l’occasione per bacchettare l’amministrazione, nella specie la regione Marche, in merito a una vicenda concorsuale nella quale, come suol dirsi, era accaduto di tutto e di più, con punte di tanto involontaria quanto autentica comicità, degna delle migliori commedie di Totò e De Filippo.
In concreto, al supremo organo di tutela della giustizia nell’amministrazione è toccato, infatti, ribadire principi che dovrebbero naturaliter far parte non già del patrimonio giuridico bensì del senso comune di ogni amministratore della cosa pubblica.
Si fa fatica, invero, a comprendere come mai ci sia voluta una pronuncia del giudice (due, per la verità, se si tiene conto anche di quella del Tar) per far capire all’amministrazione, la quale proprio non se ne dava per inteso, che 1) le commissioni di concorso devono essere composte da esperti nelle materie oggetto delle prove, sicché non può la regione indire un concorso per dirigente e farlo gestire da una commissione totalmente ignorante in materie giuridiche, dove totalmente va inteso nel senso che nessuno dei suoi componenti masticava di diritto; 2) sussiste una chiara situazione di incompatibilità, tale da imporre l’astensione, nel caso in cui risulti che un componente della commissione di concorso (nella specie si trattava di un architetto) abbia partecipato in qualità di candidato nello stesso periodo a un concorso per il quale era stato nominato presidente della commissione giudicatrice un ingegnere, che invece partecipava quale candidato al concorso nel quale faceva parte della commissione l’architetto. Qui non c’è bisogno di nessuna prova degli effetti pregiudizievoli di questo intreccio, dato che la reciprocità di posizioni tra esaminando ed esaminatore altera inevitabilmente la serenità di giudizio, compromettendo la procedura concorsuale; 3) le prove orali devono essere pubbliche.
Quanto ai primi due punti, è evidente che si tratta di cose che non si devono fare. Lo sanno tutti, ma forse c’è chi pensa di poterla fare franca, magari confidando sull’ignoranza altrui. Non è che tutti possono essere a conoscenza dei diversi “intrecci” che esistono al mondo o che determinate persone non siano adeguatamente giurisperite, come invece richiesto dal bando. Dove l’amministrazione ha proprio esagerato è stato sulle modalità di svolgimento delle prove orali, che non solo si sono tenute a porte chiuse senza consentire a nessuno di assistervi, ma addirittura apponendo sulla porta della stanza un vistoso cartello, tanto chiaro quanto inopportuno, con la dicitura “Non disturbare”.
Quando è troppo è troppo. Vien quasi da pensare che l’amministrazione abbia tratto ispirazione da Totò: “Ma sì, abbondiamo. Virgola, punto e punto e virgola”.