Una recentissima sentenza del Tar Lombardia (4 settembre 2014, n.2307) ha dato ragione al Rettore dell’Università di Milano, che aveva revocato il componente di una commissione di concorso per ricercatore, in passato avendo avuto il commissario in questione una relazione sentimentale con una candidata al concorso medesimo.
Manco a dire cherchez la femme, dato che la liaison tra i due, il commissario e la candidata, era nota all’universo mondo. Ed infatti, a chiedere che il primo si astenesse era stato un nutrito gruppo di altri candidati, tutti perfettamente informati della vicenda.
Ma, come si sa e soprattutto si dice, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Non solo il “discusso” commissario non ha fatto, come sarebbe stato opportuno, alcun passo indietro, ma, con una pervicacia degna di miglior causa, ha chiesto addirittura aiuto al giudice amministrativo per cercare in tutti i modi di mantenere il suo posto in commissione. Era pretendere troppo, dato che il giudice l’ha invece definitivamente estromesso dal concorso, confermando il provvedimento di revoca del rettore che aveva accolto le istanze di ricusazione presentate contro di lui.
Per avercela messa, il commissario ex moroso, nel senso di innamorato, ce l’ha messa tutta, ma non è riuscito a essere convincente. A suo modo di vedere, in base a un’esegesi rigorosa dell’art.51 c.p.c., che viene sempre tirato in ballo in casi come questo, egli non avrebbe dovuto astenersi sicché, stante la correlazione stabilita dalla legge, non avrebbe potuto essere ricusato; per di più, aveva tenuto a sottolinearlo, erano ormai passati ben tredici anni dalla fine della sua storia d’amore con la candidata.
Di opposto avviso è stato, invece, il giudice amministrativo, secondo il quale, a prescindere dall’art.51 richiamato, a radicare in ogni caso l’incompatibilità è comunque sufficiente, secondo una consolidata giurisprudenza, il solo pericolo di una compromissione dell’imparzialità di giudizio, pericolo che non può essere scongiurato nemmeno dal notevole lasso di tempo trascorso dalla fine della fatidica relazione sentimentale.
Bene ha fatto, dunque, il rettore ad adottare l’impugnato provvedimento di revoca per sopravvenuti motivi di pubblico interesse, giusta quanto previsto dall’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990.