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Giovedì, 04 Lug 2024

Vito Mancuso, su La Repubblica del 23 dicembre scorso, ha commentato il severo discorso del Papa rivolto alla Curia Romana, nel quale si fa un'analisi impietosa delle 15 malattie che aggrediscono l'organismo del potere vaticano.

Mancuso ha fatto notare che nella sostanza il Papa colpisce con la sua denuncia tutti gli organi di potere dell'odierna società, dall'economia ai Tribunali, alle Università.

Sempre sullo stesso numero di Repubblica, scrivendo sull'incredibile incremento del Pil del 5% negli StatiUniti, Federico Rampini, volendo trarre dal successo americano una lezione per l'Italia, ha detto che, fra le varie cose da farsi, "il Governo Renzi dovrebbe introdurre massicce dosi di concorrenza sclerotizzando aree che vanno dalle municipalizzate alle corporazioni professionali, alle baronie universitarie".

L'Università viene quindi, penso con la dovuta ragione, indicata da analisti politici di varia estrazione come uno degli organismi italiani malati gravi.

Non mi soffermo sulle considerazioni sui vari aspetti della vita sociale, politica ed economica, fatte dagli editorialisti del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari. Mi soffermo solo sull'Università, perché é il contesto nel quale opero, cercando sempre di mettere in pratica il dettato pensa a livello globale, agisci a livello locale.

L'Università, a mio avviso, necessita di un intervento risolutivo dall'alto, per essere completamente scardinata e ricomposta su basi completamente nuove.

In altri miei interventi sono arrivato a sostenere che le Università - scoprendo poi che in effetti parafrasavo quanto già scrivevano sul tema Gaetano Salvemini nel 1908 e Benedetto Croce nel 1910 - sono essenzialmente delle scuole di malavita, in quanto, fatte salve quelle eccezioni che purtroppo non fanno sistema, educano i giovani a "trovarsi" dei protettori che li possano poi favorire nelle loro carriere all'interno e all'esterno degli Atenei, spesso a discapito di validissimi giovani, costretti a trovare Patria altrove ...

Gli Atenei dei Paesi più avanzati (in primis, gli Usa) semplicemente reclutano i migliori, selezionandoli da tutto il mondo, sulla base del semplice assunto che i "cervelli" non hanno nazionalità in quanto producono innovazione e, quindi, progresso tecnologico e benefici per l'apparato produttivo dell'intero sistema. Insomma, nella ricerca non si possono fare scelte privilegiando il luogo di nascita né tantomeno l'anzianità di servizio nel ruolo, cosa che è la norma in Italia, dove per cercare di migliorare la situazione, volendo rimediare alle situazioni pregresse di indecenza esistenti per il reclutamento e le progressioni di carriera, ci siamo affidati alle regolette "numeriche" dell'Anvur (tipo la super-ridicola direttiva sulle mediane), per le procedure di Idoneità Nazionale.

Vale a dire che per potere essere valutato per l'idoneità bastava far parte di un Settore Scientifico Disciplinare (SSD) di livello scientifico molto scadente, per cui quanto più basso era il livello di produzione scientifica dei componenti dello specifico SSD tanto più facile era vincere la concorrenza ... inesistente.

Ma un sistema, che é regolato dalla presenza intoccabile della difesa delle Corporazioni dei SSD, poteva e potrà mai dare risultati diversi da quelli conseguiti con quella che definisco una mascherata ope legis?

Comunque, pur con le storture prodotte dal metodo Anvur, le Università a valle del processo di Idoneità avrebbero potuto adottare un meccanismo che consentisse di scegliere fra gli Idonei Nazionali il meglio che viene offerto dal "mercato", bandendo concorsi  aperti a tutti. Invece, quasi tutti i Dipartimenti hanno scelto di bandire concorsi riservati solo agli Idonei interni: alias si è preferito garantire i garantiti ... scelta che non fa una grinza sul piano del buonismo e delle clientele da mantenere, ma che non ha nessun motivo di esistere se l'obiettivo è (come deve essere) quello di reclutare/promuovere il meglio che viene offerto dal mercato degli Idonei.

In questo contesto un minimo di innovazione é stata "garantita" dall'obbligo di riservare il 20% delle risorse ad esterni. A dimostrazione che la corporazione universitaria concede qualche apertura ... solo se costretta da un ukase imperiale!

D'altronde, non esiste nella storia dell'umanità che un ceto, una corporazione, abbia mai rinunciato spontaneamente ai propri privilegi di casta.

Fra questi Idonei molti diventeranno Professori Associati o Ordinari, e quindi Giudici di giovani. Ovviamente ci sono fra di essi dei meritevoli, ma ce ne sono anche tantissimi che meriti proprio non ne hanno.

Certamente un passettino avanti rispetto alle indecenze pregresse é stato fatto, ma non sono certo le ricette numeriche dell'Anvur il modo migliore per mettere le nostre Università al passo con quelle dei Paesi più avanzati!

In tutti gli Atenei italiani, ci sono eccellenze, ma purtroppo non fanno sistema, in quanto rappresentano minoranze dedite al sapere e non al potere.

In altri Paesi, il rapporto fra meritevoli e non-meritevoli é esattamente invertito, ed in più a presidio delle scelte di merito c'é un valore del tutto inesistente in Italia: l'etica personale.

Nell'Università, in aggiunta a tutto quanto sopra, si compie un altro dei mali della società, denunciati dal Papa, in un messaggio successivo a quello del 23 dicembre: si trasgredisce il rispetto del principio della coerenza. Questo valore viene disatteso, nelle decisioni universitarie, a tutti i livelli, nel giro massimo di 24 ore. Appena un principio enunciato come incrollabile non è più funzionale ai propri interessi o a quelli della propria micro-corporazione, ci si giustifica dicendo: sono cambiate le condizioni.

Non può che far piacere l'auspicio di Federico Rampini rivolto al Governo Renzi per il miglioramento del Paese, ma purtroppo siamo molto lontani da una presa di coscienza, soprattutto da parte dei Professori universitari, il cui modo corporativo di gestire il "sapere" rappresenta una pesantissima palla al piede della quale il Paese si deve assolutamente liberare.

Se si parla con un Rettore di una qualsiasi Università italiana (o, a scalare, con il Direttore di un qualsiasi Dipartimento), di fronte ad analisi nude e crude come quelle di cui sopra, ci si sentirà rispondere: ci sono equilibri da mantenere.

Nella sostanza, quasi tutti i Rettori (o Direttori) sono solo gestori del Potere, non certo del Sapere. Se il Governo Renzi non ha consapevolezza di questo e non prende i dovuti, risoluti provvedimenti, la nostra Università continuerà ad essere quella che é: una struttura di stampo medievale, lontana anni luce da quello che dovrebbe essere in un Paese globalizzato i cui competitors, sono gli Usa, alcuni Paesi Europei, la Cina, l'India ...

* Professore Ordinario in Geochimica Ambientale presso l'Università di Napoli Federico II e Adjunct prof. presso Virginia Tech, Blacksburg, VA, USA

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