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Giovedì, 04 Lug 2024

Dietrologia e sciacallaggio, due sport sempre più diffusi in quest'Italia, che sembra aver smarrito, con la memoria storica, la strada dei diritti.

A quanto pare, siamo in un paese senza un progetto e poco incline tanto alla solidarietà quanto alla dignità , dove tutti navigano a vista, dal governo alla classe dirigente, dagli intellettuali all'uomo della strada, per finire alle parti sociali. Sembra un paese pietrificato e incapace di riflettere.

Le reazioni alla scelta di Usi Ricerca di non partecipare alle prossime elezioni delle Rsu e di sospendere le ritenute agli iscritti lo confermano.

Ci aspettavamo una riflessione profonda da più parti: da quel mondo dell'informazione, che ha incluso le organizzazioni sindacali tra le tante caste che annovera l'Italia, alla classe politica, che nega ormai da 6 anni il rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici, che nel frattempo hanno avuto una perdita di potere di acquisto di almeno 600 euro. Invece, finora niente, d'altronde essi non hanno riflettuto né sul calo vertiginoso delle vendite di giornali, né sull'assenteismo crescente ad ogni tornata elettorale.

Soprattutto, ci aspettavamo - alla luce di una tale dannosa situazione di stallo per i pubblici dipendenti - dalle parti sociali una riflessione sul proprio ruolo. Ma anche queste non hanno dato alcun segnale.

Nulla di nuovo su questo fronte.

Avete registrato per caso serie risposte a ciò che è accaduto negli ultimi anni: dalla legge Treu alla legge Biagi, dalle esternalizzazioni di servizi pubblici alle innumerevoli riforme pensionistiche, dall'abolizione di fatto dell'articolo 18 sin dalla riforma del lavoro targata Fornero (della quale si tende a ricordare solo la riforma delle pensioni) alle elucubrazioni e agli insulti di Brunetta e Madia sui dipendenti pubblici, per finire al Job Act di questi giorni? No, tutt'altro.

Abbiamo invece assistito alla nascita di società, di matrice anche sindacale, che gestiscono queste nuove forme contrattualistiche. Meglio sarebbe dire che gestiscono queste nuove forme di schiavismo.

Abbiamo visto moltiplicarsi i fondi pensione, anch'essi talvolta di matrice sindacale (vedi ad esempio il fondo Sirio) e nascere la Commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip), con la presenza ai vertici di ex sindacalisti.

Impotenti, abbiamo visto crescere il debito pubblico parallelamente all'affidamento di servizi pubblici a una selva di soggetti esterni legati alla politica. Servizi il cui comune denominatore sono i costi iperbolici e l'assenza di diritti, la precarietà dei lavoratori impiegati all'interno.

Le vicende di Mafia Capitale ne sono l'esempio, un modello presente in più luoghi ma scoperto, per ora, solo a Roma.

E mentre il governo Monti faceva scempio dei diritti dei lavoratori, negli stessi giorni abbiamo visto una sorridente leader di una potente confederazione sindacale a pranzo con il premier in quel di Cernobbio. Infine, nessuno si è stracciato le vesti al varo del Jobs act, qualcuno ha persino tirato fuori la solita solfa della competitività, dimenticando, ancora una volta che, se l'Italia non è competitiva, non è certo a causa della produttività dei lavoratori ma delle mafie, di una giustizia e di una burocrazia capziose e lente.

Decisamente più “vivace” è stata nel tempo la reazione alle scelte dell’Usi-Ricerca.

Da ultimo, dopo le nostre decisioni si sono scatenati becchini e false sirene, a caccia di voti per le Rsu e di nuovi iscritti, allo scopo di arraffare più risorse, più permessi e più distacchi sindacali.

Tutti, dai confederali ai “conflittuali”, sono pronti a celebrare il funerale dell’Usi.

C’è anche chi, spacciando percorsi comuni, lascia intendere – per accaparrarsi qualche voto e qualche tessera - separazioni  mai avvenute, perché a monte non ci sono mai stati matrimoni.

Eppure, il sindacato Usi-Ricerca è ancora vivo e vegeto e, nonostante la rinuncia alle ritenute sindacali (di cui però tutti si guardano bene dal parlarne), continua a dare risposte, a difendere i lavoratori e a informarli settimanalmente con Il Foglietto.

Ma, evidentemente, per confederali e “conflittuali”, che all’Aran siedono tutti allo stesso tavolo quando si tratta di siglare accordi su permessi e distacchi, tutto questo è imbarazzante, perché la differenza sta tra il mettersi totalmente dalla parte di chi lavora o il barcamenarsi tra lavoratori e padroni, tra governati e governanti. Insomma, la differenza sta tra voler essere o no un pezzo, uno strumento, del potere.

Il sindacato Usi-Ricerca è nato dalla parte opposta a quella del potere e ha sempre seguito quella strada, senza condividerla con nessuno, pur avendo cercato in passato - coerente con la sua storia - di garantire la difesa del diritto dei lavoratori di potersi scegliere la propria organizzazione sindacale, ma senza percorsi comuni con chicchessia.

Questo è uno strano paese in cui si parla tanto di multiculturalità, di rispetto delle diversità ma poi si è sempre pronti a cancellare le storie degli altri, a incorporare le altre realtà, a prevaricarle con uno schema autoritario.

Che ci volete fare, l’Usi è nato ed è un sindacato libertario e non è disposto a rinunciare alle proprie libertà di scelta, a denunciare il malaffare senza fare sconti a nessuno, a difendere disinteressatamente i più deboli. Nato con un'idea di un sindacato di mutuo soccorso, in cui ogni lavoratore può difendere i propri diritti grazie al sostegno, anche economico, degli altri, in cui ogni lavoratore ha diritto a servizi gratuiti, risposte, informazione e molto altro. In tutte le altre realtà, la ritenuta sindacale non è sufficiente, perché se si vogliono difendere i propri diritti o avere dei servizi, occorre pagare di tasca propria.

Un sindacato, Usi-Ricerca, in cui la parola d’ordine è solidarietà. Il metodo è l’autodeterminazione e non le decisioni calate dall’alto.

Certamente gli iscritti a Usi-Ricerca non si lasceranno abbindolare da becchini e false sirene e faranno fino in fondo una battaglia a difesa del proprio diritto ad un contratto, mettendo in atto lo sciopero del voto alle elezioni Rsu.

L’Usi la sua parte l’ha già fatta, invitando gli enti a interrompere dal prossimo mese di febbraio la ritenuta sindacale mensile a carico dei propri iscritti.

Una forma di protesta civile, originale quanto inusuale.

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