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Sabato, 13 Dic 2025

Continuano ad emergere sorprese dalla legge di stabilità del 23 dicembre 2014, n. 190, apparsa nella Gazzetta ufficiale n.300 del 29 dicembre 2014.

Il provvedimento legislativo, che è costituito da un solo articolo ma che conta ben 735 commi, trova spazio per occuparsi anche del pubblico impiego che, come abbiamo avuto modo di scrivere in più occasioni, è quello che più di tutti fino a oggi si è fatto carico dei costi della crisi che attraversa il paese , visto che subisce il blocco del contratto di lavoro da ben sei anni, con una perdita media secca in busta paga di 600 euro mensili.

Ebbene, se da un lato si assiste all’ennesima proroga del blocco del ccnl, che andrà a scadere – salvo ulteriori differimenti – alla fine dell’anno in corso, dall’altro si è aperto un piccolo spiraglio con il ripristino nel comparto degli enti di ricerca delle fasce stipendiali per ricercatori e tecnologi, bloccate ai fini economici dal 2010, e per le progressioni economiche e di livello per il personale tecnico e amministrativo.

Chi si aspettava che analogo trattamento fosse riservato anche al personale docente e ricercatore delle Università si è dovuto subito ricredere, se è vero, come è, che con la predetta legge di stabilità ha reiterato il blocco, con il comma 256, che testualmente recita:

“Le disposizioni recate dall’articolo 9, comma 21, primo e secondo periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, come prorogate fino al 31 dicembre 2014 dall’articolo 1, comma 1, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2013, n. 122, sono ulteriormente prorogate fino al 31 dicembre 2015. Resta ferma l’inapplicabilità delle disposizioni di cui al citato articolo 9, comma 21, primo e secondo periodo, del decreto-legge n. 78 del 2010, al personale di cui alla legge 19 febbraio 1981, n. 27”.

Eppure gli scatti stipendiali, con la cosiddetta legge Gelmini (n. 240/ 2010), sono passati da biennali a triennali e non sono più automatici, ma sottoposti, ai fini del riconoscimento, a valutazione, del docente o del ricercatore da parte della propria Università. Esattamente quello che avviene per ricercatori e tecnologi degli enti di ricerca.

Una disparità di trattamento davvero difficile da comprendere, essendo del tutto irrilevante il fatto che ricercatori e tecnologi degli enti di ricerca sono contrattualizzati mentre docenti e ricercatori dell’Università non lo sono. Per altri settori non contrattualizzati del pubblico impiego, infatti, il blocco è caduto da tempo.

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