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Lunedì, 20 Mag 2024

altHo iniziato la mia collaborazione settimanale con Il Foglietto il 9 settembre dello scorso anno, con un articolo nel quale proponevo all'attenzione dell'opinione pubblica il documento denominato "Position Statement", in merito alla "Definizione della pericolosità sismica e delle sollecitazioni sismiche di progetto delle costruzioni per assicurare la protezione della popolazione" che, firmato da vari scienziati a livello internazionale, era stato portato, nel 2012, all'attenzione del Presidente della Repubblica.

Il documento “Position Statement” sottolineava l’assoluta necessità che i manufatti fossero progettati e costruiti in modo da resistere al terremoto massimo credibile (Maximum Credible Earthquake - MCE), che deve eguagliare o superare il massimo evento storico, e che la popolazione fosse informata di tale evenienza tempestivamente ed in modo adeguato, utilizzando l'approccio deterministico noto come DSHA (Deterministic Seismic Hazard Assessment) e la sua variante perfezionata “Neo-DSHA” (NDSHA) (pubblicata nel 2001, in Italia), abbandonando l'approccio probabilistico noto come PSHA (Probabilistic Seismic Hazard Assessment).

In sintesi, con il documento si sosteneva che, in considerazione del fatto che i terremoti non sono prevedibili, occorre che la sicurezza delle costruzioni e della popolazione sia garantita fino ai terremoti più pericolosi e distruttivi, che possono verificarsi in qualsiasi momento, indipendentemente dalla loro sporadicità; ed inoltre, che la definizione della pericolosità sismica mirata alla definizione delle sollecitazioni di progetto delle costruzioni deve considerare il MCE e, quindi, i piani di protezione civile devono considerare scenari per possibili eventi MCE.

Il devastante evento del terremoto in Nepal del 25 aprile scorso, con M 7.8,  con ipocentro 80 km a NE di Kathmandu, dovuto ad una faglia, non profonda, sub parallela alla Catena dell'Himalaya, che di solito sprigiona elevata energia, purtroppo rende ancora più attuale il problema posto dal documento "Position Statement".

La lezione che si ricava da tale ultimo, tragico evento è chiara e semplice: molto meglio prepararsi all'MCE, piuttosto che fare affidamento su futili calcoli probabilistici per la definizione della pericolosità sismica basata su PSHA. Insomma, meglio abbandonare i moderni Oracoli di Delfi, che sostengono un metodo assolutamente inadeguato nella stima della pericolosità sismica.

Molti affermano, con ragione, che se lo stesso tipo di terremoto del Nepal si verificasse in Paesi dove sono vigenti norme e standard per le costruzioni più adeguati (esempio, la California), le vittime sarebbero state certamente in numero molto inferiore. Ma questo è proprio il motivo che dovrebbe spingere, per esempio, un Paese avanzato, quale dovrebbe essere l'Italia, a dotarsi di norme e regolamenti antisismici in considerazione dell'MCE, abbandonando ogni e qualsiasi calcolo probabilistico. Questi ultimi, infatti, servono alle Compagnie di Assicurazioni, per le quali tanti pseudo scienziati, spudoratamente, tirano la volata anche in Convegni scientifici internazionali. La perdita di vite umane? Che problema c'è, ci sono le Assicurazioni!

Il terremoto Tibetano mette in evidenza - come sostiene Tom Heaton (Professore di Ingegneria Sismica e Direttore dell'Earthquake Engineering Research Laboratory, California Institute of Technology) - come l'approccio probabilistico, così come rispetto ad altri problemi di lungo termine quali cambiamenti climatici, energia sostenibile, risorse idriche, eruzioni vulcaniche e altro, non faccia considerare come una priorità il problema "terremoti" in quanto disincentiva la politica ad interessarsi di un evento che statisticamente potrebbe verificarsi fra migliaia di anni.

Perché fare investimenti per un problema che si manifesterà fra migliaia di anni? Quale politico investe il suo futuro per decisioni di cui ne beneficeranno i posteri? E poi, in fondo in fondo, se i calcoli risultassero sbagliati, come spesso succede - vedi esilarante sketch di Crozza a seguito dell'ultima alluvione di Genova, che chiosava "la natura è proprio una stronza … non vuole proprio collaborare con il modello matematico" - l'emergenza porta notevoli benefici agli sciacalli in agguato, come l'imprenditore che se la rideva la mattina del terremoto di L'Aquila, in previsione dei lauti appalti che poi sono puntualmente arrivati.

E i benefici non sono riservati solo agli imprenditori, ma anche ai tanti super esperti di Ingegneria Sismica (vedi processo per il Progetto CASE nella ricostruzione post-terremoto a L'Aquila).

La tragedia Tibetana conferma di nuovo, purtroppo, che quando le conoscenze scientifiche non permettono di giungere ad una conclusione, come ad esempio l’identificazione o meno di eventi minori quali scosse premonitrici (foreshocks) di un evento forte, la pericolosità deve “sempre” essere definita in modo conservativo, come precauzione per la sicurezza della popolazione.

Questa dovrebbe essere una doverosa e non negoziabile linea di condotta, laddove al centro della valutazione va posta la salvaguardia di vite umane e non il rapporto economico costi-benefici, anche perché é molto più prudente per la società pagare modesti costi addizionali o patire disagi per prepararsi alle conseguenze di eventi MCE, piuttosto che subire perdite irreparabili per aver ignorato o sottostimato eventi potenzialmente catastrofici.

Questo concetto è razionale e ragionevole per una società civile nella quale le conseguenze di un disastro (cioè i rischi) risultano essere troppo pesanti e intollerabili.

*Professore Ordinario in Geochimica Ambientale presso l'Università di Napoli Federico II e Adjunct prof. presso Virginia Tech, Blacksburg, VA, USA

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