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Giovedì, 04 Lug 2024

altSi dice che il tempo prende e il tempo dà. Così è avvenuto anche per Luigi Frati, l’ex rettore della Sapienza di Roma.

Tutto ha avuto inizio a causa dello Statuto dell’università romana, voluto proprio da Frati, che escludeva dall’elettorato attivo a cariche accademiche i docenti risultati parzialmente inoperosi nell’attività di ricerca o che avessero riportato un giudizio negativo nell’attività didattica (art.32, secondo comma, lett. a).

Evidentemente risultata indigesta, la previsione statutaria venne impugnata davanti al Tar Lazio che, con sentenza n.29 del 2014, diede ragione ai ricorrenti, tutti docenti nell’ateneo romano, considerandola irragionevole per l’effetto sanzionatorio che comportava sullo status di docente, laddove questo, secondo il giudice di prime cure, avrebbe potuto subire limitazioni solo nei casi più gravi stabiliti dalla legge, come la condanna per una serie di reati gravi o che comportano l’interdizione dai pubblici uffici.

Tanto premesso, concludeva il Tar, si doveva escludere che la limitazione di un diritto costituente esplicazione di un principio democratico potesse essere rimessa alla discrezionalità dell’università.

Con recente sentenza n.1929/2015, la sesta sezione del Consiglio di Stato ha ribaltato la decisione del giudice di primo grado, dando appunto ragione al prof. Frati.

Il supremo consesso amministrativo ha rilevato che, mentre l’elettorato passivo continua a essere regolato da fonti di rango primario senza essere stato rimesso all’autonomia statutaria universitaria, a quest’ultima la legge ha invece affidato la disciplina dell’elettorato attivo, che nulla ha a che vedere, per rango e funzione, con il diritto di voto per l’elezione del Parlamento, sancito dalla Costituzione, che costituisce espressione della sovranità popolare.

Nella previsione del citato articolo dello Statuto dell’università romana, precisa ulteriormente il Consiglio di Stato, non si rileva nemmeno violazione dei principi di ragionevolezza e di proporzionalità, dato che, dalla ricostruzione sia del sistema di distribuzione delle risorse nel settore universitario sia dei sistemi di conferimento degli incarichi e retributivo del corpo docente, improntati al criterio incentivante della premialità, emerge che il legislatore riconnette alla produttività e, rispettivamente, all’inattività dei docenti, una serie di specifici effetti, volti a incentivare l’instaurazione di un circuito virtuoso tra composizione del corpo elettorale e correlativo presumibile atteggiamento degli organi elettivi.

La natura temporanea dell’impedimento all’esercizio del diritto di elettorato attivo, che perdura fino al momento del conseguimento di un nuovo giudizio positivo, esclude, infine, la violazione del principio di proporzionalità, trattandosi di previsione che contempera in maniera equilibrata la compressione della posizione degli appartenenti al corpo elettorale con gli interessi dell’università al raggiungimento degli obiettivi di miglioramento organizzativo e prestazionale, essenziale per il conseguimento di adeguate risorse finanziarie.

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