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Giovedì, 04 Lug 2024

Parte il “concorsone” della scuola. In palio ci sono 63.700 posti, che saranno disputati tra 200.000 candidati. Come dire che poco più di uno su tre ce la può fare.

La domanda di partecipazione, da compilare on line, va inviata entro il 30 marzo, ma il telefono messo a disposizione dal Miur per chiarimenti (0809267603), che si può chiamare dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 18, è già bollente e tante sono le lamentele per i tempi lunghi di attesa della risposta.

Sembra che in Sicilia, per descrivere una situazione negativa o sfavorevole, si usi la seguente espressione: ”stiamo come topi quando piovvero gatti”. Ebbene, forse è questo lo stato d’animo che deve regnare al Miur - dopo la grandinata di ricorsi persi a febbraio solo nella materia delle abilitazioni scientifiche nazionali - se la ministra Giannini, ancor prima della partenza del concorsone, già si augura che l’andamento di questo non sia costellato da una miriade di ricorsi.

Stando alle sue dichiarazioni, rilasciate nei giorni scorsi all’autorevole Sole 24 Ore, infatti, la ministra ci tiene a sottolineare che questa del concorsone è un’opportunità da non disperdere “fra tribunali amministrativi e carte bollate”, fermo restando che i sindacati sono liberi di fare quel che credono più giusto, anche se la strada dei ricorsi, sono sempre parole della ministra, “non sarebbe una scelta vincente e la direbbe lunga sulla loro (dei sindacati, ndr) visione del mondo”.

La ministra continua osservando che quello di far ricorso “non è solo un male della scuola, è un virus che nel nostro paese è molto esteso, soprattutto nel comparto pubblico per evidenti motivi anche di formalizzazione dell’accesso, delle regole che sono alla base dei contratti di lavoro”, ma si dice convinta che sia giunto il momento di fare “un cambiamento culturale”, che forse nel settore della scuola “ha il potenziale di successo maggiore”. Conclude così che non resta che” dare alla scuola quello di cui ha bisogno: giovani che regolarmente possano confrontarsi con i loro talenti e la loro vocazione per fare quello che è uno dei mestieri più belli del mondo”. Lei può dirlo, visto che quello di insegnare - sia pure all’università - è anche il suo.

Cara ministra, ho sempre creduto, e  dunque sono d’accordo con lei, che insegnare sia il mestiere più bello del mondo. Io ce l’ho messa tutta, ma non sono riuscito a farlo; figuriamoci se penso che si debba sbarrare la strada ai giovani che ardiscono a farlo. Però, come dice sempre lei, il confronto deve avvenire “regolarmente”.

Da quel che dice, sono indotto a pensare che la sua esperienza concorsuale si sia sempre svolta all’insegna della più scrupolosa osservanza delle regole, sicché non avrà mai sentito la necessità di proporre ricorsi. Purtroppo le cose non vanno per tutti allo stesso modo, quindi lo stato di diritto ha ritenuto giusto consentire, a chi presume di essere stato leso in un suo diritto o interesse, di reagire, facendo valere le sue ragioni nelle sedi competenti.

Fino a non molto tempo fa, questo non si poteva fare e al cittadino, ma meglio sarebbe dire suddito, non restava altro che rivolgersi ai pubblici poteri con una supplica, alla quale spesso nessuno rispondeva. Come dire che la tutela giurisdizionale - meglio non dimenticarlo - è stata una conquista. Proprio come quella della “formalizzazione dell’accesso e delle regole che sono alla base dei contratti di lavoro”.

Certo, presentare ricorsi non piace a nessuno, se non altro perché si spende tempo e denaro, ma se si tratti di una “scelta vincente” o meno devono deciderlo solo gli interessati. Almeno questo bisogna lasciarglielo.

E, visto che ci siamo, direi di evitare anche qualunque analogia tra la tutela dei diritti e i virus.

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