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Venerdì, 03 Mag 2024

Interessante sentenza del Tar Lombardia (sez. IV, 9 maggio 2017, n. 1037) in tema di scatti stipendiali dei docenti universitari, che ha respinto il ricorso, ma le cui motivazioni ci lasciano alquanto perplessi, per le considerazioni che brevemente faremo in chiusura dell’articolo.

In via preliminare, è comunque opportuno premettere il quadro normativo di riferimento, di cui più volte Il Foglietto si è occupato in passato.

L'articolo 9, comma 21, del Dl n. 78/2010, convertito dalla legge n. 122/2010, disponeva che i meccanismi di adeguamento retributivo per il personale non contrattualizzato di cui all'articolo 3 del Dlgs n. 165/2001 non si applicassero per gli anni 2011, 2012 e 2013 e non dessero comunque luogo a successivi recuperi. In particolare, per le categorie di personale che fruivano di un meccanismo di progressione automatica degli stipendi, tali anni non erano utili ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti. Inoltre, la norma prevedeva che le progressioni di carriera, comunque denominate, eventualmente disposte (sempre in quegli anni), avessero effetto ai fini esclusivamente giuridici.

Tre docenti e ricercatori universitari presentavano nel 2012 ricorso per l'accertamento del diritto al trattamento retributivo spettante per il triennio 2011-2013, nonché per la condanna dell'Università di Milano al pagamento di tali differenze retributive, senza tener conto del blocco degli adeguamenti e degli aumenti degli stipendi.

Il ricorso prosegue esponendo, quindi, i diversi dubbi sulla costituzionalità del blocco degli scatti, ma il Collegio non ha ritenuto di soffermarsi su tali rilievi, in quanto tutti superati dalla sentenza della Corte cost. n.310/2013.

Il thema decidendum consisteva, dunque, nello stabilire se i docenti universitari fruissero o meno di un meccanismo di progressione automatica degli stipendi, e se, per conseguenza, si applicasse anche ad essi il blocco del trattamento retributivo di cui al ripetuto art. 9, XXI comma del 31 maggio 2010, n. 78.

Ebbene - ha osservato il giudice amministrativo - è pur vero che le norme, le quali regolano la progressione stipendiale per tali categorie, la collegano all’accertamento, da parte dell’Autorità accademica, dell’effettuazione nel biennio precedente di pubblicazioni scientifiche (cfr. l’art. 3-ter del d.l. 2008 n. 180, e le relative norme di attuazione, di cui agli artt. 6 e 8 della l. 240/2010, e al d.P.R. 15 dicembre 2011, n. 232). Ciò nonostante, la progressione stipendiale nell’ambito della vita professionale dei ricorrenti è prefigurabile ex ante, in relazione al decorso del tempo ed alla conseguente maturazione degli scatti, sicché assume carattere di automaticità, in quanto non subordinata ad eventi estranei alla sfera lavorativa degli interessati, quali, ad esempio, determinazioni assunte in sede di contrattazione collettiva, o superamento di procedure concorsuali tra più aspiranti.

Anche se il datore di lavoro – si legge nella sentenza in rassegna - può negare gli avanzamenti a quanti, tra i docenti, non abbiano dimostrato un adeguato impegno, nondimeno essi partecipano di un sistema in cui gli avanzamenti stipendiali sono, di regola, automatici e concretamente ottenibili in conseguenza dell’anzianità di servizio.

Valendo per docenti e ricercatori un automatico scatto dello stipendio – scrive il giudice amministrativo - perciò trova applicazione anche la disciplina sul blocco, perché finalizzata al contenimento delle spese per l'impiego pubblico. Il significato del sintagma “progressione automatica” non va riferito alla posizione del singolo dipendente, ma correlato alla sfera del bilancio pubblico, alla cui salvaguardia è preordinato lo stesso Dl 78, atteso che il bilancio è automaticamente intaccato per effetto della maturazione degli scatti stipendiali, dovendosi stanziare appositi fondi a copertura delle spettanze di tutti coloro che sono potenzialmente interessati da tale maturazione. La sospensione degli scatti non è volta a correggere la dinamica della loro attribuzione, ma la loro incidenza in termini economici sulle poste passive del bilancio statale; ne consegue che l'automatismo della loro attribuzione determina il blocco delle progressioni economiche anche per i docenti e i ricercatori universitari, come stabilito dalla normativa speciale.

L’iter logico-giuridico seguito dal Tar Lombardia, tuttavia, non convince, in quanto sembra sovrapporre una considerazione di fatto a una valutazione di diritto. Se è vero, come ammette lo stesso collegio giudicante, che, in punto di diritto, l’Università può negare gli avanzamenti a chi non ha dimostrato un adeguato impegno, tale circostanza non sembra possa essere superata dalla constatazione, che è solo di fatto, che in concreto gli avanzamenti ci sono poi per tutti. In altri termini, a parere di chi scrive, l’automatismo viene ricavato da un fatto, mentre non c’è alcuna norma che lo preveda. Per i ricorrenti, dunque, sembra esserci margine per un appello vittorioso al Consiglio di Stato, cui spetta l’ultima parola in tali controversie.

Mentre per quanti non hanno adito la giustizia amministrativa, sarebbe opportuno – sempre a nostro avviso – in attesa dell’esame di un eventuale ricorso in appello da parte dei succitati ricorrenti, interrompere i termini quinquennali di prescrizione per gli anni 2012 e 2013, con l’inoltro di apposita istanza all’Ateneo di appartenenza.

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