Settimana di elezioni quella passata. Si è votato nel ballottaggio per il Presidente della Repubblica in Finlandia. È sato eletto Alexander Stubb, candidato conservatore, con il 51,62% contro il candidato verde Pekka Haavisto che ha ottenuto il 48,38%. Una vittoria contenuta non un trionfo.
L'elezione era particolarmente importante per il ruolo non proprio notarile del Presidente in Finlandia soprattutto in politica estera con la new entry del paese finnico nella Nato e il suo lunghissimo confine con la Russia.
A Berlino capitale della Germania si è rivotato in alcuni seggi rispetto al voto regionale del 2021 (Berlino è un Länder a sé stante). Il risultato è uno spostamento a destra sia su quella moderata (Cdu), che fa la parte del leone passando dal 13,7 al 20,06%, che di quella neonazista (Afd) dal 7 al 12,6%. Accompagnato dalla sostanziale tenuta dei Verdi dal 27,2 al 27,6%, da un lieve incremento della Linke dall'11,9 al 12,6%, e da un crollo della Spd, retrocessa dal 22,4 al 14,6% e da quello dei liberali (Fdp), dal 9,1 al 3,3%. Per le imminenti elezioni europee non un bel segnale. Pur distinguendo doverosamente il conservatorismo finlandese dalla estrema destra destra revanscista e post nazista tedesca.
Poi si è votato anche in Asia.
In Pakistan, dove dalle urne, sospettate di brogli, è uscito un risultato ancora incerto soggetto a manipolazioni. Uno dei candidati che sta in galera, Imran Khan, si proclama vincitore. Gli altri, pure. Su tutto sovrintende come di consueto l'esercito. Insomma, il paese islamico che conta 241 milioni di abitanti e ha la bomba atomica rimane soggetto a una forte instabilità politica.
In Indonesia, ha vinto Prabowo Subianto, 72 anni, del Partito del movimento della grande Indonesia, nazionalista e di destra. Il giovincello, vicino all’élite più tradizionale del paese, è sostenuto da gruppi islamici radicali che spesso agiscono come una sorta di polizia morale ed è l’ex marito della figlia del famigerato generale Suharto, dittatore dell’Indonesia per tre decenni tra il 1965 e il 1988.
Il precedente 7 gennaio si era votato anche in Bangladesh. La premier Sheikh Hasina al potere si era riconfermata ma alle elezioni ha partecipato solo il 40% dei 120 milioni di elettori anche perché l'opposizione islamista le ha boicottate. "Nonostante abbia sempre combattuto le dittature militari - ha scritto il Post - e si sia sempre impegnata a promuovere politiche a favore delle donne e delle fasce più povere della popolazione, secondo le opposizioni e anche secondo diverse organizzazioni internazionali, nei suoi quindici anni di governo Hasina si sarebbe piano piano trasformata da leader della lotta per la democrazia in una delle sue principali minacce".
Tira una brutta aria in Europa e anche in Asia.
Aldo Pirone
scrittore e editorialista
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