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Domenica, 19 Mag 2024

Il nostro è davvero un tempo paradossale, un'epoca in cui sembra smarrito il senso delle cose, tanto che si arriva ad abbinare l'etica a temi e materie le più disparate che di etico hanno ben poco, così da arrivare a dei veri e propri ossimori. Così in tutte le categorie dalla politica alle professioni è tutto un proliferare di codici etici più o meno rispettati e rispettabili come dimostrano il nepotismo diffuso, gli scandali sanitari, la devastazione del territorio e via elencando.

Da ultimo il Consiglio nazionale forense (Cnf) che ritiene poco etico il comportamento di avvocati che praticano tariffe particolarmente basse.

Un punto di vista non condiviso dall'Autorità Garante della concorrenza e del mercato (Agcm) presieduta da Giovanni Pitruzzella. Tant'è che, la stessa Autorità, con provvedimento adottato nell’adunanza del 22 ottobre scorso ha comminato al Cnf una multa di ben 912.536,40 euro e lo ha diffidato dal porre in essere nuovamente in futuro tali comportamenti lesivi del principio della libera concorrenza previsto dall'art. 101 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Il Consiglio con le proprie disposizioni avrebbe limitato l'autonomia degli avvocati in materia di compensi professionali.

Ma come sono andati i fatti? Nel mirino del Garante, in particolare, è entrata una circolare con cui il Cnf avrebbe reintrodotto l’obbligatorietà delle tariffe minime, non più vincolanti dopo il decreto Bersani del 2006 (prima era prevista una tariffa cogente che andava da un minimo ad un massimo e che veniva pubblicata in Gazzetta Ufficiale) e abrogate definitivamente nel 2012 dal governo Monti  con il dl n. 1/2012. Sotto accusa è stato posto anche un parere adottato contro i siti internet di avvocati che propongono ai consumatori associati sconti sulle prestazioni professionali.

La procedura avviata il 16 luglio 2013 riguardava innanzitutto il link pubblicato sul sito del Cnf denominato «Nuovo tariffario forense», laddove si affermava che i patti che prevedono un compenso inferiore al minimo tariffario, pur essendo legittimi da un punto di vista civilistico, possono risultare in contrasto con il codice deontologico e si faceva riferimento ancora al dm 127/2004 e relativa circolare antecedenti la Bersani.

L'Autorità, fatta la scoperta, chiese subito spiegazioni. Il Cnf rispose affermando che si trattava di un disguido tecnico «al quale avrebbe posto rimedio ricollocando i documenti nella sezione del sito web relativa alla Storia dell’Avvocatura».

Tuttavia, il 20 maggio 2013, a distanza di mesi risultava che il predetto link «Tariffe professionali» (comprendente il «Nuovo tariffario forense» e la relativa circolare del Consiglio) non era stato rimosso dal sito del Cnf.

Di conseguenza, nonostante gli interventi di liberalizzazione succedutisi a partire dal 2006, gli avvocati che avessero chiesto parcelle al di sotto dei minimi tariffari o che si fossero accaparrati clienti via internet attirandoli con tariffe particolarmente vantaggiose sarebbero stati punibili sul piano disciplinare. Tanto più che questi comportamenti confliggerebbero con il divieto di accaparramento della clientela sancito dal Codice deontologico della categoria.

Ma come risponde il Consiglio Nazionale Forense? Si tratta di una sanzione comminata per la presenza sul sito di una vecchia circolare, peraltro superata da altre, anch'esse pubblicate, e per un parere non vincolante reso ad un ordine locale che aveva posto un quesito sull'eticità della pratica di alcuni avvocati di accaparrarsi clienti on line attirandoli con tariffe particolarmente convenienti.  Per di più quelli incriminati sarebbero pareri, in base ai quali l’Ordine non avrebbe assunto nessun provvedimento disciplinare. «Pertanto, il Cnf impugnerà il provvedimento ritenendolo  abnorme sia nel merito che in procedura un provvedimento certamente frutto di superficiali letture delle normative in esso richiamate e dei fatti contestati, ispirato a noti pregiudizi ‒ recita un comunicato stampa del Cnf del 14 novembre, che continua ‒ Per non parlare della sanzione che per la sua assurda quantificazione si commenta da sola. La cosa forse più grave è che il codice etico posto a base della tutela dei cittadini sia considerato alla stregua di intese anticoncorrenziali, accedendo all’idea che l’etica debba essere esclusa dei rapporti economici».

Insomma, l'avvocato che, sensibile alla condizione di debolezza socio economica dell'assistito, volesse chiedere una parcella più bassa dei minimi non avrebbe un comportamento etico e andrebbe censurato.

Strano concetto di eticità per una delle professioni che più dovrebbero essere sensibili alla condizione dell'assistito e tener conto dello stato della giustizia in Italia.

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