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Mercoledì, 03 Lug 2024

“Il mistero del male. Benedetto XVI e la fine dei tempi” di Giorgio Agamben, Edizioni Laterza, Bari, 2013, pp.68, euro 7,00

Recensione di Roberto Tomei

Ne avevamo viste tante, ma le dimissioni di un papa mai. Non almeno in tempi recenti, visto che per trovare un precedente si deve risalire al “gran rifiuto” di Celestino V, un evento - come si sa - coevo a Dante Alighieri. Ed è singolare che il frate della Maiella e Papa Ratzinger abbiano usato quasi le stesse parole per motivare l’abdicazione al soglio pontificio.

Il libro analizza la decisione di Papa Benedetto - subito definita per niente vile, anzi coraggiosa- sotto un duplice profilo: “nel contesto teologico ed ecclesiale che le è proprio”, da un lato, e per le conseguenze che se ne possono trarre “per una analisi della situazione politica delle democrazie in cui viviamo”, dall'altro.

Sotto il primo profilo, l’autore sottolinea il debito di Ratzinger nei confronti di Ticonio (autore di un prezioso Liber regularum) e della sua teoria del corpo bipartito della Chiesa, l’essere cioè questa - sono parole del giovane Ratzinge r- “fino al Giudizio universale, insieme Chiesa di Cristo e Chiesa dell’Anticristo”, onde quest’ultimo “cresce in essa e con essa fino alla grande discessio, che verrà introdotta dalla revelatio definitiva”.

In tale contesto, l’abdicazione di Benedetto XVI nasce dalla consapevolezza dell’esistenza del conflitto tra le componenti del corpo bipartito, conflitto che dilania la Chiesa e non può essere rinviato alla fine dei tempi, col rischio del prevalere delle forze del male su quelle del bene. Da qui la scelta dirompente, affinché la Chiesa sopravviva, di riportare alla luce il mistero escatologico, dato che solo così essa “potrà ritrovare la giusta relazione con la fine dei tempi”.

Ma l’esemplarità del gesto di papa Ratzinger non rimanda a un problema solo della Chiesa in quanto mette a fuoco, come si è iniziato a dire sopra, il tema della giustizia, proprio di ogni società. Qui Agamben rileva che anche il corpo della nostra società è bipartito, “forse ancora più gravemente” di quello della Chiesa.

E se la nostra società sta attraversando una crisi profonda è perché” non mette in discussione soltanto la legalità delle istituzioni, ma anche la loro legittimità; non soltanto… le regole e le modalità di esercizio del potere, ma il principio stesso che le fonda e legittima”.

Non è possibile, perciò, percorrere scorciatoie, cercando di assicurare attraverso il diritto positivo la legittimità del potere, poiché le istituzioni restano vive solo se entrambi i principi agiscono insieme senza pretendere di coincidere.

Una società, insomma, può funzionare”solo se la giustizia (che corrisponde, nella Chiesa, all’escatologia) non resta una mera idea, del tutto inerte e impotente di fronte al diritto e all’economia”. (Roberto Tomei)

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