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Mercoledì, 03 Lug 2024

Pain & Gain – Muscoli e denaro di Michael Bay, con Ed Harris, Mark Wahlberg, Dwayne Johnson, Rob Corddry, Bar Paly, Tony Shalhoub, Tony Plana, Anthony Mackie, Ken Jeong, Rebel Wilson, Peter Stormare; durata 129’, nelle sale dal 18 luglio 2013, distribuito da Universal Pictures

Recensione di Luca Marchetti

Il nome Michael Bay è sinonimo di un determinato tipo di cinema. Le sue opere d’arte, infatti, sono fatte di budget enormi, esplosioni, scene a rallentatore, donne succinte e una dose estenuante d’azione sconclusionata. Non è un caso che nel suo curriculum brillino titoli come Bad Boys II, Armageddon o Pearl Harbour.

Quando il nostro regista, dopo il successo al box-office di Trasformers 3, si era detto in procinto di dedicarsi a un progetto minimal, con un budget esiguo, dalle ispirazioni tarantiniane e tratto da un articolo su un famoso fatto di cronaca, in molti hanno storto il naso, spiazzati di fronte a questo inusuale proclama d’intenti.  Si aggiunga il fatto che, dopo aver annunciato questa svolta, abbia scelto come protagonisti due attori come Mark Wahlberg e Dwayne “The Rock” Johnson (di certo non due alfieri del cinema alla Sundance Festival) e si ha ben chiara l’atmosfera di scetticismo sprezzante che circondava questa pellicola.

Ebbene, siamo contenti di dire che quello che poteva sembrare un fallimento annunciato si è rivelato invece la sorpresa più intrigante e folle della stagione cinematografica.

Ambientato nella solare Miami dei primi anni novanta, il film segue le tragicomiche peripezie criminali di una banda di stupidi culturisti alle prese con un disastroso rapimento.  Bay, per la prima volta nella sua carriera, lascia da parte la retorica spicciola e l’eroismo per concentrarsi solo sull’umorismo crudele e sulla satira feroce.

I suoi protagonisti, a differenza di tanti affascinanti anti-eroi che affollano l’immaginario collettivo di tutti, sono personaggi abietti e cretini allo stato puro. Avidi, assetati da una sete di ricchezza senza fine, i tre criminali palestrati sono il frutto peggiore di quella arrogante e amorale America reaganiana, tanto stupidamente rimpianta ancora oggi. Accecati da una concezione degenerata del sogno americano, i protagonisti sono ritratti da Bay in modo dissacrante e crudele, con un cinismo divertito che ricorda molto le opere dei fratelli Coen (Burn After Reading, su tutti).

Inoltre, dal punto di vista visivo, il regista usa con misurata intelligenza il proprio stile, piegando la propria esagerata e ingombrante estetica per il miglior risultato finale possibile.

Anche per il cast non si possono non fare i complimenti. I già citati Mark Wahlberg e Dwayne Johnson sono perfetti nei loro ruoli e il viscido Tony Shalhoub è in stato di grazia. Menzione a parte per lo splendido Ed Harris, nei panni di un ex-poliziotto in pensione, l’unico “buono” di tutto il film.

Se proprio dobbiamo trovare dei difetti, la sceneggiatura è, forse, il punto più debole del progetto, appesantita da una lunghezza eccessiva e da trucchetti narrativi noiosi (l’abuso delle voci fuori campo, ad esempio).

Sinceramente, davanti a questa estate avara di grandi film, si può chiudere un occhio.

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