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Mercoledì, 03 Lug 2024

L’ultima ruota del carro, di Giovanni Veronesi, con Elio Germano, Alessandra Mastronardi, Alessandro Haber, Maurizio Battista, Ricky Memphis, Viriginia Raffaele, Sergio Rubini; durata 113’, nelle sale dal 14 novembre 2013 distribuito da Warner Bros Italia

di Luca Marchetti

Come sarebbe stato “Una vita difficile”, capolavoro di Dino Risi, se fosse stato scritto, invece che dal mitico Rodolfo Sonego, da Walter Veltroni?

Giovanni Veronesi, con il suo imminente L’ultima ruota del carro, sembra quasi voler rispondere a questa domanda assurda.

Abbandonato il produttore Aurelio De Laurentis (con lui è nata la fortunata saga di Manuale d’amore) e una comicità più spensierata, il regista toscano decide di guardare alla tradizione della grande commedia all’italiana e di regalare al pubblico un nuovo romanzo popolare.

Sentendosi come un Monicelli redivivo, Veronesi prende come spunto la vita straordinariamente comune di Ernesto, il suo eroe proletario, per raccontare gli ultimi cinquanta anni di storia italiana.

L’ultima ruota del carro, questo il divertente titolo del film, però, nonostante le sue ottime intenzioni, paga più di un difetto. Prima di tutto, il confronto con i grandi classici del genere è obiettivamente impari. Il film non solo è privo di una qualsiasi forma di sana cattiveria (molte scene scadono spesso nel buonismo più esasperato), ma in diverse occasioni lo script, scritto da ben quattro autori, tradisce un semplicismo narrativo fastidioso e sciatto.

L’idea, non originale, di vedere la grande Storia con gli occhi dell’uomo comune (Forrest Gump, vi ricorda qualcosa?) poteva anche rivelarsi interessante, ma è inaccettabile assistere a scene poco credibili e involontariamente esilaranti come quelle legate al sequestro Moro e all’esplosione di Mani Pulite.

Il regista si è vantato, anche a ragione, di aver trasportato, senza alcuna aggiunta, la vita di un suo collaboratore sullo schermo.

Un risultato così discontinuo, con scene inserite a forza nella storia, dimostra, però, che una drammatizzazione più radicale e qualche tradimento non avrebbe nuociuto alla causa.

Ciò nonostante, Veronesi fa un notevole passo avanti.

Infatti, aiutato da un’ottima squadra di collaboratori, il regista dirige forse il suo film visivamente più maturo. Anche la direzione degli attori è di livello. Il cast, composto da molti grandi caratteristi, fa un buon lavoro di supporto.

Alessandra Mastronardi (la moglie fedele e innamorata), Ricky Memphis (l’amico sbruffone) e un corrotto Sergio Rubini senza freni (meravigliosi i suoi sproloqui in dialetto pugliese) non sfigurano accanto al protagonista assoluto del film, Elio Germano.

E’, infatti, proprio l’interpretazione maiuscola di Germano, la chiave di volta dell’intera pellicola.

L’attore romano, alle prese con un ruolo naif, inedito nella sua carriera, tiene sulle spalle tutta la storia, guardando molto al miglior Nino Manfredi (nel suo Ernesto c’è un po’di C’eravamo tanto amati e un po’ di Pane e Cioccolata).

Un discorso a parte, invece, merita l’eccellente Alessandro Haber (attore quanto mai sottovalutato).

Nei panni del Maestro (chiaro omaggio a Schifano) ruba la scena a ogni apparizione e, in coppia con Germano, regala i momenti più divertenti e commoventi dell’intera pellicola.

L’ultima ruota del carro è stato presentato nei giorni scorsi, con discreto successo, come film d’apertura al Festival del cinema di Roma.

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