Don Jon di Joseph Gordon-Levitt, con Joseph Gordon-Levitt, Scarlett Johansson, Julianne Moore, Tony Danza, Brie Larson, Rob Brown, durata 90’, nelle sale dal 28 novembre 2013 distribuito da Good Films
Recensione di Luca Marchetti
Figlio di un cinema indipendente liberal e commerciale, l’attore Joseph Gordon-Levitt (protagonista di film come Inception, 50 e 50, 500 giorni insieme) esordisce alla regia con un piccolo film coraggioso, dimostrando, a differenza di molti suoi colleghi divi, di avere davvero qualcosa da raccontare. Addentrandosi nello stesso territorio in cui si era già mosso l’inglese Steve McQueen con il suo Shame, infernale e acclamato, Don Jon parla di sessualità ossessiva e pornografia e non si nega una deriva decisamente più leggera.
All’opposto della pellicola di McQueen, infatti, Gordon-Levitt evita di scadere nella disperazione assoluta e nel moralismo cattolico spicciolo e riesce a inserire il suo tema principale (l’ossessione per il porno) in un contesto comico, quasi parodistico.
Il suo Jon Martello (interpretato con intelligenza dallo stesso regista), che sembra uscito di peso da un reality giovanilistico (come Jersey Shore, quel programma tv che segue la vita sguaiata di giovani italo-americani), è un ragazzo che passa la vita tra una famiglia esagerata (dove brilla un padre-macchietta in canottiera e maccheroni, interpretato da un redivivo Tony Danza), la chiesa e il computer.
La sua routine, scandita dai video porno, non viene scalfita nemmeno dall’arrivo di una fidanzata con il corpo di Scarlett Johansson, una ragazza bellissima e “coatta”, che amplifica il dramma sessuale di Jon.
Il regista/attore ha davvero coraggio per parlare con equilibrio di un fenomeno inedito, imbarazzante e assurdo come la porno-dipendenza ma, proprio grazie al suo tocco, lo tratta nel modo più sincero ed efficace possibile.
Il film segue la vita di questo Don Giovanni dal mouse facile, talmente alienato dalla rappresentazione falsa del sesso da essere colmo di rabbia e insoddisfazione, non tradendo mai il racconto coerente dell’educazione “sentimentale” del proprio protagonista.
Eccetto il tema principale, però, il problema della pellicola risiede nella mancanza di esperienza del proprio autore. Dopo una prima parte scoppiettante (sia per scrittura che per regia) la pellicola, infatti, si perde nella superficialità.
Tra uno sviluppo narrativo banale e personaggi di contorno tirati via (la donna matura interpretata da Julianne Moore, ad esempio), Don Jon perde presto la sua forza, fino ad arrivare a un finale decisamente scontato e buonista.
Detto ciò, non si deve dimenticare che quest’opera è comunque il primo passo di un giovane autore che, pur con i suoi limiti, dimostra che non servono ambizioni intellettualoidi (James Franco docet) per essere un regista, ma solo umiltà e una storia da raccontare.