Le nuove paure di Marc Augé, editore Bollati Boringhieri, Milano, 2013, pp.82, euro 9.
Recensione di Roberto Tomei
Nate con l’uomo, le paure sono qualcosa di così immateriale e impenetrabile che non deve essere stato mai facile farne oggetto di riflessione. Con questo acuto e brillante libretto, ci prova ora Marc Augé, fine antropologo della tarda modernità, noto al grande pubblico soprattutto per aver scandagliato il ruolo che ai giorni nostri svolgono quelli che lui stesso ha ribattezzato” nonluoghi”, come supermercati, aeroporti e stazioni, dove i contemporanei trascorrono una parte sempre più consistente della loro vita.
E’ chiaro che le paure di oggi sono diverse da quelle di ieri e che il termine “paura” cambia a seconda del suo oggetto: paura della guerra, degli stranieri, delle polveri sottili, del futuro, ecc. Così come è altrettanto evidente che queste paure sono più remote di altre, come ad esempio l’angoscia che si prova per la perdita del posto di lavoro, che è decisamente molto più immediata.
Il dato saliente rispetto al passato, secondo Augé, è rappresentato dal fatto che ai giorni nostri le paure sono “oggetto di un intenso sfruttamento mediatico”, con un inedito “effetto di accumulo che trascende lo spazio e il tempo”, che rischia di creare interdipendenze tra eventi senza effettiva connessione, contigui solo nell’incalzare delle immagini e delle notizie veicolate dai media.
Raccogliendo l’esortazione di Giovanni Paolo II a non avere paura, Augé chiude la sua riflessione invitandoci ad “opporci” a quella che egli considera una sorta di nuova “colonizzazione”. Questi gli antidoti: “la curiosità, i progressi della conoscenza, qualche slancio di fraternità, alcuni tentativi di riavvicinamento e, nel complesso, la consapevolezza ancora incerta di un divenire comune- tutti segni che sarebbe irragionevole e persino criminale decidere di trascurare o ignorare”.
Per dar vita a un’opposizione che abbia serie chance di vittoria, occorre però essere in tanti, sicché i più “sensibili e consapevoli” sono chiamati a svolgere un’intensa azione volta a sensibilizzare le coscienze. Ma questa è un’opinione mia.