Bruno Squarcia. Cronista da marciapiede di Raffaele Vitali, D’Auria Editrice, Ascoli Piceno, 2013, pp.181, euro 15.
Recensione di Roberto Tomei
Domenica, ore 10 antimeridiane, in attesa di prendere un caffè con gli amici marchigiani, al mitico (celebre è troppo poco) Caffè Meletti di Ascoli Piceno, so che, sbucando da Via Cino Del Duca, da un momento all’altro farà il suo ingresso in Piazza del Popolo Bruno Squarcia (Brunetto per gli amici), 99 anni senza dimostrarli, amatissimo decano dei giornalisti e persona di gran compagnia.
Conoscerlo è stato un onore e un piacere. Squarcia è l’incarnazione di un secolo di “testimonianza”, che viene ora ripercorso in questo libro-conversazione dal bravissimo Raffaele Vitali, anch’egli giornalista, ora al Resto del Carlino, con il Corriere Adriatico il più diffuso giornale locale.
Dove testimonianza, si badi bene, è da intendere come presenza partecipe e consapevole tanto della cronaca locale quanto della storia nazionale, distinte eppur connesse, talora coincidenti, come ai tempi dell’ascolano Tambroni.
Figlio di uno dei primi giornalisti professionisti delle Marche, Squarcia ha sempre riconosciuto di aver avuto la fortuna di nascere in una famiglia che gli ha permesso di vivere tranquillo, anche quando i tempi non lo erano affatto.
Grazie al padre, esordisce al Giornale d’Italia, farà poi un passaggio alla Gazzetta dello Sport e al Messaggero, ma i suoi “amori editoriali” sono Il Tempo e Il Resto del Carlino, nella cui redazione ascolana fa spesso capolino ancora oggi.
Come dice Vitali, Squarcia non è quello che fa, fa quel che è, essendo giornalista dentro, con uno spirito indipendente che gli è costato, soprattutto in provincia, anche qualche inimicizia
Sempre con la penna in mano, Bruno ha descritto tutte le trasformazioni della sua Ascoli, anche senza far mancare, quando ci volevano, contenuti irriverenti, come quelli veicolati soprattutto ne “La contessa della Sibilla”, il quindicinale voluto dal padre, dove, prima di approdare alle pagine del Messaggero, pubblicò le sue caricature il celebre Cleto Capponi.
Fascismo, guerra e Resistenza: Ascoli si trova spesso al centro di cronache che tocca a Bruno raccontare. Anni duri e tristi, con tanti amici caduti sul campo.
Dopo gli anni bui del conflitto, con alcuni amici, Squarcia fonda addirittura un settimanale, “La voce Adriatica”, che veniva stampato in una tipografia di via dei Bonaccorsi, la stessa in cui ora abito io con la mia famiglia.
In una vita trascorsa sulla strada, Squarcia ha fatto anche “grandi incontri”, come quelli con Badoglio, Coppi, Bartali, Guttuso e Claudio Villa. Con Mina, mentre fa il bagno di prima mattina a seno nudo a San Benedetto, l’incontro che ricorda meglio e con più piacere. Appena la notizia trapelò, per oltre un mese non si parlò d’altro.
Una parte di rilievo Squarcia l’ha avuta anche nel salvataggio dell’Ascoli calcio negli anni ’50, allorché si adoprò per portare alla presidenza della squadra Cino Del Duca. Poi ha seguito i fasti della grande Ascoli di Costantino Rozzi, che il nuovo presidente Bellini sembra ora intenzionato a rinverdire.
Sebbene li abbia vissuti marginalmente, nemmeno agli Anni di piombo Squarcia è rimasto estraneo, avendo seguito la vicenda Peci, che scosse, e non poco, la vita della vicina San Benedetto.
Squarcia il ‘900 l’ha vissuto tutto, ma non ama guardare indietro, sempre curioso del presente, al quale lo richiamano tutte le persone che incontra, tuttora inclini a passargli le loro confidenze. Egli non ha mai amato il giornalista davanti al pc che aspetta le notizie, ma è andato sempre a cercarsele tra la gente, che continua così ancora a fornirgliene, anche se ormai non scrive più. Del resto, Squarcia è stato e rimane un “cronista da marciapiede”.
L’ultima volta che l’ho visto, da Meletti, ha accettato l’invito dei suoi e ora miei amici a prendere un caffè, intrattenendoci con ricordi e simpatici aneddoti.
Poi, improvvisamente, si è allontanato, forse inseguendo i suoi pensieri, forse per passare alla redazione del Resto del Carlino, magari per girare qualche notizia.
Il giorno successivo, Alberto Farina, brillante poeta dialettale e suo intimo amico, ci ha detto che nel pomeriggio aveva ricevuto una sua telefonata per scusarsi di non averci salutato.
Squarcia (forse un giorno anch’io potrò chiamarlo solo Bruno) è fatto così.
Difficile, anzi impossibile, non volergli bene.