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Mercoledì, 03 Lug 2024

“La spia – A Most Wanted Man”, di Anton Corbijn, con Rachel McAdams, Philip Seymour Hoffman, Robin Wright, Willem Dafoe, Daniel Bruehl, Nina Hoss, Martin Wuttke; durata 122’, nelle sale dal 30 ottobre 2014, distribuito da Notorious Pictures.

Recensione di Luca Marchetti

Il cinema delle spy-story ci ha dato un insegnamento: in qualsiasi modo si voglia adattare John Le Carrè è quasi impossibile sbagliare.

Dopo tante ottime pellicole tratte dalle opere dello scrittore ed ex-agente segreto inglese (dal classico La spia che venne dal freddo con Richard Burton al recente e magnifico La talpa di Tomas Alfredson) anche il regista olandese Anton Corbijn ha deciso di confrontarsi con l’autore di Casa Russia, portando sul grande schermo Yssa il buono.

Il film, scritto per il cinema da Anton Bovell, si concentra sulla storia di Yssa Kasparov, giovane ex terrorista ceceno scappato ad Amburgo per riscuotere un’eredità non voluta e trovare un po’ di pace, lontano dalle tragedie della sua patria.

Intorno a lui, però, nasce immediatamente un pericoloso e sotterraneo gioco tra spie e agenzie di sicurezza, che vedono nel ragazzo un’ottima pedina da sfruttare per acchiappare i pesci più grandi del terrorismo islamico.

La suspense e il meccanismo matematico della storia di Le Carrè si sposa alla perfezione con lo stile algido e implacabile, con la ricerca del dettaglio di Corbijn che, come già fatto nei precedenti Control e The American, usa il suo sguardo allenato da acclamato autore di videoclip, per realizzare una confezione distaccata ed estetizzante ideale per questo action- thriller anomalo.

Una delle scelte vincenti della pellicola è, in particolare, la decisione di elevare il disincantato spione Gunter Bachmann a vero protagonista del film (com’è sottolineato nel titolo italiano). Bachmann è un uomo stanco, imbolsito dal troppo bere e dalle troppe sigarette, piegato dai fantasmi di troppe missioni andate male e costretto ogni giorno, nonostante tutto, a usare qualsiasi mezzo possibile (legale o meno) per provare “a rendere il mondo un posto sicuro”.

La stanchezza e la silente frustrazione di quest’uomo sono rese alla perfezione dal proprio interprete, un magnifico Philip Seymour Hoffman, qui in una delle sue ultime prove d’attore. Il lavoro di Hoffman, supportato da un cast eccellente in cui brillano Robin Wright e il sempre perfetto Willem Dafoe, si mostra subito meticoloso e viscerale, dagli accenti calibrati a una dedizione fisica, tale da permettere al suo personaggio di apparire sempre umano, sempre credibile.

L’arrivo in sala delle pellicole girate nei mesi prima della sua scomparsa non fa che renderci ancora più amaro questo lungo addio, consapevoli a ogni nuova battuta recitata con il tono e i tempi giusti, a ogni nuova scena girata con l’impegno di un fuoriclasse, di quale perdita enorme e ingiusta sia stata la morte di Philip Seymour Hoffman.

La spia di Anton Corbijn, dunque, oltre che nello script di Anton Bovell e nei piccoli pregi estetici della regia, ha la sua grande affermazione proprio in questo regalo recitativo malinconico e totalizzante.

L’ultimo saluto di un amico in stato di grazia.

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