“Wild”, di Jean-Marc Vallée, con Reese Witherspoon, Laura Dern, Michiel Huisman, Gaby Hoffmann, Charles Baker, Kevin Rankin, Thomas Sadoski, durata 115’, nelle sale dal 2 aprile 2015, distribuito da 20th Century Fox.
Nonostante la première in diversi festival importanti (è stato presentato anche come film di chiusura all’ultimo Festival di Torino, ad esempio) e la gratificazione delle due nomination agli Oscar, Wild è una pellicola passata sotto traccia, senza lasciare grandi segni nel dibattito cinematografico statunitense. Accolta più che altro con sufficienza, l’opera diretta dal canadese Jean-Marc Vallée (già regista del fortunatissimo Dallas Buyers Club) è un film che, pur nella sua confezione furba, trasmette una disarmante sincerità.
Dopo il successo mondiale (con il senno di poi, eccessivo) di Into the Wild, un filone naturalistico ha preso irrimediabilmente piede, creando un vero e proprio “Cinema Decathlon” fatto di escursioni estreme, fughe dalla civiltà e ricerche spirituali.
Wild, ispirato alla vera storia di Cheryl Strayed, segue in modo letterale tutti i topos dimostrandosi un perfetto esempio di questo nuovo genere.
Cheryl, infatti, è una giovane donna che, colpita dall’improvvisa morte dell’adorata madre, intraprende un percorso autodistruttivo e senza speranze di droghe e sesso occasionale. Arrivata quasi ad un punto di non ritorno la decisione di intraprendere a piedi, da sola, le piste della Pacific Crest le darà una nuova ragione di vivere. Il viaggio, di massacro e di risurrezione, le permetterà di cambiare la propria vita e di guardare finalmente al futuro.
Aiutato dalla penna sapiente del romanziere Nick Hornby, esperto mestierante del gioco dei sentimenti e delle emozioni, Vallée spoglia il film dalle proprie tentazioni spirituali/filosofiche per limitarlo agli aspetti interiori della protagonista.
Grazie anche alla prova dura di Reese Witherspoon, qui alle prese con un’interpretazione sentita e viscerale, la migliore della sua carriera, il film mostra il suo cuore pulsante.
Attraverso l’uso del voice-over e un intelligente uso dei flashback, allo spettatore viene restituita tutta l’emotività di Cheryl, dal rapporto totalizzante con la splendida mamma Bobbi (l’ennesima figura materna interpretata alla perfezione da Laura Dern) alle macerie generate dalla sua morte.
Concentrarsi sulle ragioni e le motivazioni della protagonista e manifestarle con tale forza ed empatia crea un vero legame d’immedesimazione tra spettatore e personaggio e permette anche a noi di vivere le sue paure, le sue decisioni difficili e i suoi entusiasmi, concedendoci la possibilità di essere compagni di viaggio di Cheryl.
Certo, come abbiamo accennato, non mancano gli espedienti più calcolati, dalla fotografia alla National Geographic ad una colonna sonora che non sbaglia un pezzo (di musica Vallée è un grande esperto), ma sinceramente a noi interessa guardare oltre la confezione commerciale e non possiamo che rimanere attratti dalla forza e dalla dedizione della fragile Cheryl/Witerspoon nel suo viaggio in cerca d’autore.
*critico cinematografico