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Mercoledì, 03 Lug 2024

Dopo aver cambiato pelle diverse (troppe?) volte, la Festa del Cinema di Roma è arrivata incredibilmente alla sua decima edizione.

Reduce dalla tanto ingiustamente odiata “era Muller”, il direttore artistico che aveva cercato di rendere la kermesse romana un evento dal respiro internazionale, con il coinvolgimento di personalità e pellicole di spessore, la Festa, con il buon Antonio Monda, uomo dalla visione più tradizionale, è tornata alla sua tranquilla, rassicurante mediocrità.

Sempre ancorata alla splendida prigione Auditorium (quest’anno con le vie di fuga rappresentate dal coinvolgimento di altre realtà, come il Nuovo Cinema Aquila), la festa romana non ha regalato grandi emozioni,  anche per colpa di un budget ogni anno più stretto.

Gli organizzatori, senza la possibilità di coinvolgere grandi nomi da tappeto rosso, hanno fatto quello che era in loro potere, saccheggiando da altri festival la (povera) selezione di film.

Suscitando l’interesse solo di appassionati (siamo ancora lontani dal sogno veltroniano di coinvolgere l’intera città), la Festa si è rivelata la copia sbiadita del Festival di Toronto, cercando di spacciare il proprio premio del pubblico, vinto dal commovente film indiano Angry Indian Goddesses, come l’attestato di chissà quale importante istituzione festivaliera.

La colpa, ovviamente, non può essere addossata a chi, in buona fede, ha raccolto questa sfida. Purtroppo, a ogni edizione la sensazione che la Festa del Cinema di Roma sia un errore continuo, un progetto nato, con le migliori intenzioni,  e perpetuato tra sbagli madornali e ottusità politiche è sempre più evidente.

Un peccato perché anche in quest’occasione è stata, comunque, data la possibilità al pubblico romano di avere alcuni grandi incontri - come con la masterclass con Todd Haynes e con il grande regista cileno Pablo Larrain - e pellicole interessanti.

Probabilmente, nella selezione ufficiale, la pellicola che più abbiamo apprezzato è lo splendido The Walk di Robert Zemeckis. Racconto favolistico sull’avventurosa storia di Philippe Petit e del suo sogno realizzato, di camminare su una fune tra le Torri Gemelle, il film di Zemeckis non solo è uno sfoggio estetico inebriante ma anche il commosso omaggio a un simbolo ormai scomparso.

Meno sinceri, ma comunque molto elogiati dalla stampa, sono stati il fortunato Room, film strappalacrime su una madre e il suo bambino rinchiusi da anni in una stanza da un aguzzino, e il noioso gangster movie Legend, con un Tom Hardy in un doppio ruolo.

Se conoscevamo il valore dello struggente Carol e la potenza del capolavoro El Club, diretti rispettivamente dai già citati Haynes e Larrain, ci ha sorpreso il piccolo e struggente Grandma di Paul Weitz, commedia agrodolce di una nonna lesbica e sua nipote. con una grandiosa Lily Tomlin.

Altra grandissima sorpresa è stata Lo chiamavano Jeeg Robot, hero-movie esilarante e borgataro, con un Claudio Santamaria super-eroe un po’ manesco e un Luca Marinelli, sempre perfetto.

Per il resto, qualche sprazzo di Cinema è arrivato dall’interessante Eva No Duerme, riflessione estetizzante sulla dittatura argentina e dall’ostico The Whispering Star, di Sion Sono.

La piccola, stramba, gemma di Paul Thomas Anderson, il documentario musicale Janun, meriterebbe un discorso a parte.

Insomma, a volerlo cercare, il Cinema si trova anche dentro quella scatola ammaccata che è la Festa del Cinema di Roma.

luca marchetti ridottoQuesto indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

critico cinematografico

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