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Sabato, 04 Mag 2024

Varia materia dell’aria di Alessandro Centinaro, Lìbrati Editore.

Recensione di Roberto Tomei

Questa ultima raccolta poetica di Alessandro Centinaro si inserisce nel solco di una pluriennale produzione sia poetica che saggistica dell’autore (fra le cui più recenti pubblicazioni ricordiamo “Il ragazzo che volò dal ponte”, Fazi Editore, e “In nome di Dio Madre”, Lìbrati Editore).

Nel presente libro, già il titolo (“Varia materia dell’aria”) appare evocativo di ciò che è inafferrabile, eppur percepibile, nell’universo del senso: ciò che è aeriforme non si può toccare (a differenza del fluido, che è comunque tangibile), ma può esser gustato da tutti i sensi (ed interiorizzato nel senso), con la sola eccezione del tatto (il più concreto, e perciò il più povero dei sensi!): nel volume compaiono sia molti brani inediti, sia una ampia selezione di brani già pubblicati in precedenti libri di poesia ed in varie riviste letterarie (fra le quali “Smerilliana”, della quale Centinaro è stato per molti anni redattore).

Giova, a questo punto, proporre, qui di seguito, una breve serie di “estratti” da note critiche che, fino all’attualità, sono state redatte sulla poetica dell’autore.
..
(…) nella serie di testi affidata ai lettori di “Smerilliana”, Centinaro dimostra di aver trovato il passo che gli serviva, come se finalmente scovasse e provocasse in natura (nel limpido e nel livido dei suoi Sibillini) quelle rime che gli dànno respiro, anziché attenderle a un appuntamento meccanico e previsto.
Sono rime traenti, adesso, ariose, che qua e là fanno pensare a Dino Campana, itinerante fra gli Appennini, stupito della melodia delle rocce e dell’acqua e vòlto a darne, in verso o in prosa, l’equivalente.
(SILVIO RAMAT)
 
(…) Suggestiva, sinuosa, tracciata con passo lento e paziente, è la poesia di Centinaro, dominata dal senso angoscioso del tempo e dall’attesa di un segno, di un annuncio di vita più profonda (“stanotte pare che ogni foglia/vegli alla soglia del mattino/mormori d’infinito/chieda se ha un destino").
(GIANCARLO PONTIGGIA)
 
(…) La vena naturalmente elegiaca e il potere evocativo della poesia di Centinaro, dove le passioni più intense si placano in malinconici accenti d’ombra e dove un ritmo inatteso, da ballata medioevale o da cantilena popolare, erompe improvviso a scandire le immagini, con la tenace persuasività delle esperienze quotidiane e condivise, interagisce con i due maestri per creare una nuova, fascinosa alchimia…
(VITTORIO MARIA DE BONIS)
 
(…) La poesia come bilancio della vita si è fatta, nel corso dell’esperienza di Alessandro Centinaro, la radiografia sorprendente di una condizione esistenziale complessa, sfuggita ai piani ai quali l’autore avrebbe magari voluto legarla (…) è in una situazione basilare di meccanismi spontanei ed istintivi (che non esclude, naturalmente, la vasta e varia mole di letture ma solo la caratterizza in una sua compresenza originalissima) che trovano spazio le due tendenze che convivono nella vicenda poetica di Centinaro: l’impulso lirico di stampo realista e il flusso lineare del profondo.
(PAOLO RUFFILLI)
 
(…) Calata nell’ansia dubitativa della migliore tradizione novecentesca, la poesia di Alessandro Centinaro si interroga, con tono apparente di scanzonata cantabilità, sulle assenze che spesso, o troppo spesso, si infiltrano tra le pieghe quotidiane delle nostre vite… (…)…”L’altrove della luce che si infiamma”, di cui questa confidenziale quanto disillusa voce poetica parla,----, deve essere letto all’interno della spettro d’una accezione polisemica, amorosa sì ma anche religiosa, filosofica e sociale, tornando quale divinità minore, quale “dio più sottile” o “simulacro d’un bisogno mio”, e assumendo infine una connotazione vasta e volutamente ambigua dentro cui leggere tutte quelle “fantasie disperate” alle quali non si è ancòra data casa, o nome.
(MARCO FAZZINI)
 
(…) Semmai, una ermeneutica corretta dovrebbe mettere in evidenza la continua oscillazione fra naturalità e canto.
Il che potrebbe anche far rilevare una cifra decadentistica, se l’attaccamento del poeta alla realtà non restasse sempre solido e la sua memoria non ricreasse le esperienze attraverso un linguaggio concreto e trasparente, ancorché stupefatto.
Se la poesia è un itinerario alla conoscenza, queste liriche di Centinaro ci offrono, attraverso il filtro delle personali emozioni e riflessioni, un persuasivo modo di accostarsi alla realtà: senza inibizioni, senza presunzioni, ma anche senza snobismi e spregiudicatezze eversive. Centinaro non costruisce mai paradigmi, ma offre i suggerimenti discreti di sottopone le proprie esperienze alla verifica degli altri.
In conclusione, Centinaro si colloca, in punta di piedi, ma con tutte le carte in regola, nel registro della buona poesia contemporanea.
(ALIGHIERO MASSIMI)
 

Riportiamo, in conclusione, solo un breve brano, presente nel libro, che fu pubblicato sulla rivista “Smerilliana” (insieme ad altri brani inediti di notevoli autori italiani) in una sorta di ideale dialogo fra poeti sul tema della “orchidea recisa”:

DI FIORITA MORTE
 
In carne di petali sontuosi
giace umorosa, pare una sposa;
umida d’un pianto di colore
gemendo un sangue
che s’ estingue in rosa
d’estrema luce pulsa e muore –
come una spoglia d’amore
che smorendo riposa;
come una sposa uccisa,
questa orchidea
recisa.
 
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